Vucic Presidente: la Serbia più vicina all’autocrazia

La schiacciante vittoria alle elezioni presidenziali del 2 aprile del Primo Ministro Aleksandar Vucic ha portato la Serbia più vicina all’autocrazia.

Sebbene la carica presidenziale sia in gran parte cerimoniale, Aleksandar Vucic può ora selezionare accuratamente il suo successore come primo ministro e consolidare il suo potere, dal momento che il Parlamento e la magistratura sono sotto il controllo del Partito progressista serbo di cui Vucic è presidente.

Avendo drasticamente ridotto la libertà di stampa e neutralizzato l’opposizione politica, la concentrazione di potere nelle mani di Vucic in quanto presidente appare di cattivo auspicio per la democrazia serba.

Anche se Vucic ha conquistato oltre il 50% dei voti, superando di gran lunga il secondo candidato, Sasa Jankovic, che ha totalizzato una percentuale di voto di poco superiore al 16%, le elezioni sono state segnate da accuse di intimidazione degli elettori e di un dominio quasi totale dei media serbi da parte di Vucic e del suo partito.

Il 9% dei consensi elettorali raccolti da Luka Maksimovic, studente venticinquenne candidatosi inizialmente per scherzo sotto lo pseudonimo di Ljubisa Preletacevic “Beli” (nome che allude a qualcuno che cambia partito politico per interessi personali), la dice lunga sul cinismo di molti elettori serbi. Ma la disaffezione politica serba va oltre il cinismo.

Dal giorno seguente le elezioni, quotidianamente migliaia di manifestanti, per lo più giovani, si riversano nelle strade di Belgrado, fischiando e sventolando striscioni con slogan come “Abbasso la dittatura” e “Vucic ha rubato le elezioni”. Vucic vanta la decisione del governo di non usare la mano pesante contro le proteste come “un segno di democrazia”. Considerando l’orribile repressione di proteste pubbliche in molti stati autocratici, questo costituisce un punto a suo vantaggio, o, forse, Vucic semplicemente non considera i fischi degli studenti una seria minaccia, ora che le elezioni sono terminate.

In ogni caso, Vucic potrebbe mostrare un impegno per la democrazia, ripristinando la libertà di stampa, consentendo l’accesso da parte del pubblico ad opinioni dissenzienti e a fonti d’informazione indipendenti, e avviando un’indagine indipendente sulle accuse di intimidazione degli elettori con la promessa che chiunque risulti essere stato coinvolto venga punito.

I leader europei che vedono negli uomini forti come Vucic una forza per la stabilità, e che sperano che il nuovo presidente mantenga la sua promessa di proseguire il cammino della Serbia sulla strada dell’adesione all’Unione Europea, nonostante la crescente influenza della Russia nei Balcani, devono evitare la tentazione di guardare dall’altra parte nel momento in cui Vucic e i suoi alleati assumono il controllo monopolistico delle istituzioni politiche del paese e della stampa.

Un tale controllo da parte di Vucic costituirebbe un tradimento dei valori fondamentali dell’Unione europea, e dei molti serbi che guardano all’Unione europea come un faro dei diritti democratici e delle libertà, in un momento in cui i leader dell’Europa centro-orientale stanno voltando le spalle alla democrazia.

(The New York Times, 09.04.2017)

https://www.nytimes.com/2017/04/09/opinion/a-serbian-election-erodes-democracy.html?_r=1

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