L’uomo che punta a diventare il prossimo presidente della Serbia sostiene di aver subito una trasformazione rispetto a quando era il nazionalista dalla linea dura che applicò la censura dei media per conto di Slobodan Milosevic, contraddicendo le accuse dell’opposizione secondo cui Vucic sarebbe un autocrate assetato di potere con tendenze autoritarie.
Secondo Aleksandar Vucic, Primo Ministro serbo in carica, la sua conversione personale rispecchia un cambiamento nel paese balcanico, che non ha più insistito nell’essere un attore importante sulla scena mondiale, dopo il ruolo chiave svolto nei devastanti conflitti che hanno accompagnato la violenta disgregazione della Jugoslavia.
Vucic, 47 anni, è il favorito tra gli 11 candidati alle elezioni presidenziali che si terranno domenica: alcuni sondaggi indicano che potrebbe aggiudicarsi più del 50% dei voti al primo turno, precludendo la necessità di un ballottaggio.
La vittoria elettorale andrebbe a cementare la sua già indiscussa posizione di uomo politico più potente in Serbia, rispettato dai leader europei occidentali come la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il Presidente russo, Vladimir Putin, i quali lo hanno entrambi ospitato questo mese.
Tuttavia, i critici sono preoccupati dal rafforzamento del potere di Vucic che, in un momento in cui egli già domina in modo efficace le più importanti istituzioni dello Stato, potrebbe portare all’erosione della libertà nella giovane democrazia della Serbia. Viene quindi ricordato il ruolo di ministro delle comunicazioni che Vucic ricoprì sotto Milosevic, in forza del quale impose sanzioni ai giornali per aver infranto le regole di censura draconiane durante il conflitto del 1999 con la Nato.
Ai critici Vucic imputa la colpa di non tenere conto del suo cambiamento: “C’è un detto in serbo, “solo gli asini non cambiano”. E’ normale cambiare opinioni. E’ normale cambiare se stessi, diventando più maturi, più responsabili. Quando si deve pagare ogni mese 2,5 milioni di pensionati e lavoratori del servizio pubblico, non è sempre facile. Ma se penso a tutto questo, allora è evidente che la responsabilità più importante è quella di parlare di stabilità”.
Vucic ha costruito la sua reputazione politica come membro del Partito radicale di estrema destra, che condusse una campagna per una Grande Serbia e sostenne le sanguinose guerre in Croazia, Bosnia e Kosovo, che, costate circa 100.000 vite, hanno lasciato alcuni dei leader politici della Serbia accusati di agevolare la pulizia etnica. Vucic ha abbandonato il Partito Radicale nel 2008, per aderire al Partito progressista serbo (SNS), fondato dal suo mentore Tomislav Nikolic, l’attuale Presidente.
Gli analisti sostengono che la decisione di Vucic di correre per la Presidenza – carica nominalmente cerimoniale e costituzionalmente meno potente dell’ufficio di primo ministro – è stata determinata dalla valutazione dei sondaggi secondo cui una candidatura di Nikolic avrebbe portato alla sconfitta del SNS, risultato che avrebbe conseguentemente potuto minacciare il dominio politico di Vucic.
Il suo piano, come alcuni sostengono, è quello di governare dalla posizione di presidente, conferendo la carica di primo ministro ad una figura marionetta. Vucic è stato eletto Primo Ministro della Serbia nel 2014, e riconfermato nel 2016 con una maggioranza ridotta, anche se i sondaggi mostrano un forte sostegno pubblico per il suo obiettivo dichiarato di proseguire il cammino della Serbia per entrare nell’Unione Europea, che, afferma, è ormai obiettivo strategico prioritario del paese.
Secondo i critici Vucic avrebbe guadagnato il sostegno europeo, partecipando al dialogo con il Kosovo mediato dalla UE, ma, nel contempo, continuando ad agire in modo più autoritario a livello nazionale e ad avvicinarsi sempre di più alla Russia.
“L’UE sta commettendo un grosso errore in Serbia”, ha dichiarato Bosko Jaksic, editorialista veterano del quotidiano Politika. “Sono egoisticamente interessati al Kosovo e non nella qualità della vita sociale e politica qui. Quindi Vucic gli è caro, perché sostiene il dialogo di Bruxelles. Ma loro non si preoccupano di quello che fa nel suo paese, e questo va a vantaggio della Russia “.
Rispondendo alle accuse di autocrazia, Vucic afferma: “Questo è il mio modo di intendere la democrazia. Perché loro possono sempre esprimersi, possono sempre dire che sono autoritario, autocratico, qualsiasi cosa vogliano. Ma io vado in parlamento più spesso rispetto a qualsiasi altro primo ministro per rispondere alle loro domande, discutere con loro. E’ una società molto aperta e non ho alcun problema a sentire tali osservazioni”.
Vucic insiste di aver cambiato il suo precedente punto di vista pro-nazionalista, il che ha contribuito a conquistare l’opinione pubblica serba: “Queste idee erano sbagliate. Le mie opinioni, molte cose sono cambiate”.
La sua priorità è ora quella di corteggiare gli investimenti e creare stabilità economica per la Serbia, un paese di 7,2 milioni di persone, frustrato dall’elevato tasso di disoccupazione e dagli standard di vita in ritardo di sviluppo.
“La Serbia nel 1990 voleva essere un grande attore sulla scena politica mondiale. La Serbia di oggi non vuole questo”, ha dichiarato, confutando poi le affermazioni secondo cui la Serbia potrebbe agire come intermediaria tra l’UE e la Russia.
“Non ho di questi sogni. Ci sono sempre state alcune persone in Serbia hanno pensato di essere il messia. Io non sono quel tipo di uomo. Sono un uomo che si occuperà sempre di cose concrete, ossia di come ottenere migliori condizioni di vita per i nostri cittadini. Non di sognare grandi sogni di politica estera”.
Gli annunci elettorali a sostegno di Vucic superano massicciamente quelli di tutti gli altri candidati insieme, a causa delle maggiori risorse di cui può disporre per finanziare la sua campagna elettorale: una disparità giuridicamente giustificata in virtù dello status di partito parlamentare maggioritario del Partito progressista.
“Non è un vero democratico, ma un auto-democratico, il che significa che la democrazia deve servire i suoi interessi”, sostiene Mihailo Crnobrnja, Presidente del Movimento europeo della Serbia ed ex ministro del governo di Milosevic prima delle guerre degli anni 1990.
“Quello che desidera di più è diventare un altro Tito. Si è già paragonato a lui, non per le conquiste politiche, ma per le opere pubbliche, ferrovie, autostrade, l’apertura di fabbriche”.
E nonostante il suo rifiuto pubblico di uno status internazionale, spot televisivi e comizi elettorali fanno leva sui legami di Vucic con Merkel, Putin e altri leader mondiali. Nel corso di una manifestazione di massa nella città serba centrale di Kagujevac, mercoledì, Sergei Zheleznyak, segretario generale del partito di Putin, United Russia, ha annunciato alla folla che il presidente russo appoggia Vucic, guadagnandosi un applauso caloroso.
Il supporto di statisti stranieri ha innescato le accuse sull’abuso che Vucic starebbe perpetrando dei privilegi derivanti dalla sua attuale carica, lasciando gli altri candidati, come Vuk Jeremic, ex ministro degli esteri, e Sasa Jankovic, in ritardo nei sondaggi.
In assenza di una seria competizione, l’attenzione si è concentrata su Luka Maksimovic, venticinquenne studente di comunicazione e out-sider che ha condotto una campagna elettorale indossando i panni del suo alter ego, Ljubisa Preletačević Bianco, e ridicolizzando apertamente i politici.
Pur avendo rifiutato £ 258.000 di fondi elettorali statali, alcuni sondaggi mostrano Maksimovic al secondo posto con circa il 11% dei voti, dimostrando la sua popolarità tra i giovani elettori. Tra le promesse della sua campagna elettorale quella di chiedere al Kosovo, se eletto, di tornare parte della Serbia.
“Si tratta di un esperimento sociale. Volevamo mostrare a chi è al potere che le giovani generazioni non stanno dormendo, ma che sono stati loro a dimenticarsi di noi. E’ uno scherzo, ma uno scherzo serio. La Serbia è una plutocrazia e l’umorismo è il modo migliore per combattere questo. La Serbia ha bisogno di rivitalizzazione”.
La figura di Beli è stata paragonata a quella del comico-politico italiano Beppe Grillo, il cui movimento Cinque Stelle è emerso come una forza politica. Ma gli analisti avvertono che la sua popolarità rischia di sottrarre voti ai candidati seriamente opposti a Vucic, indebolendo così ulteriormente l’opposizione.
(The Guardian, 31/03/2017)
https://www.theguardian.com/world/2017/mar/31/serbian-pm-aleksandar-vucic-ready-to-be-president
This post is also available in: English