Vendita dei terreni agricoli agli stranieri: le incognite per il futuro

Considerando il numero di comuni che hanno adottato programmi annuali e di aste indette finora dalle autonomie locali, il Ministro dell’Agricoltura e Protezione Ambientale ha definito eccellenti i primi effetti della Legge sui Terreni agricoli, varata e adottata nei primi mesi del 2016.

Secondo quanto comunicato dalla Direzione per i Terreni Agricoli, “mettere ordine nei contratti di locazione di terreni agricoli di proprietà statale e prevenire abusi è assolutamente possibile e abbiamo già ottenuto ottimi risultati, a soli otto mesi dall’adozione delle modifiche alla legge sui terreni agricoli. Siamo sulla buona strada per risolvere il problema dei casi di usurpazione di terreni”.

Diversi mesi di blocco del trasferimento di fondi dal bilancio della Repubblica di Serbia al comune di Kula e numerosi colloqui tra i funzionari ministeriali e i rappresentanti dei comuni hanno portato all’adozione del Piano di Protezione annuale, sviluppo e utilizzazione da parte delle autonomie locali: “in questo modo, per la prima volta da quando lo stato ha iniziato a concedere in affitto i terreni di sua proprietà, tutte le 145 municipalità hanno ottenuto l’approvazione dei loro piani annuali in linea con la legge. Il terreno agricolo in quanto risorsa nazionale deve essere utilizzato esclusivamente al fine di contribuire allo sviluppo del settore agricolo della Serbia e rimane quindi priorità assoluta del Ministero dell’Agricoltura”, dichiara il Ministero, osservando che in questo modo sono più di 130.000 gli ettari di terreno demaniale regolati dalla legge.

Tuttavia, in relazione al tema di più scottante attualità riguardante la vendita dei terreni agricoli ad investitori stranieri, il Ministero dell’Agricoltura dichiara che il divieto di vendita, la cui scadenza è fissata nel 2017, sarà esteso e che “le autorità preposte stanno valutando l’applicazione delle buone pratiche adottate dagli stati membri dell’UE che hanno già affrontato la questione, come Ungheria e Polonia, al fine di esaminare gli effetti e le soluzioni ottimali”.

Al di là dell’indecisione dimostrata dalle istituzioni, il professor Miladin Sevarlic della Facoltà di Agraria di Belgrado ritiene che il divieto dovrebbe essere esteso in ogni caso, ma ricorda anche che, secondo il suo punto di vista, la terra non dovrebbe essere affatto venuta, in quanto risorsa naturale non rinnovabile: “non abbiamo ereditato la terra dai nostri genitori od avi per poi venderla; piuttosto, nel corso dei secoli, generazioni si sono succedute nella lotta per la terra. L’abbiamo solo avuta in prestito da loro. L’autorità attuale intende trasformare l’investitore tedesco Tonnies nel più grande latifondista in Europa concedendogli 60.000 ettari (per 20 aziende agricole dell’estensione di 30.000 ettari ciascuna), cosa che non accadrebbe nel suo paese. Sebbene il Primo Ministro lo stia presentando come tale, questo non è il modello dell’Unione europea”. Il Professore Sevarlic, intervistato da eKapija, ritiene inoltre che l’unico modo per proteggere, almeno parzialmente, gli interessi nazionali è quello di modificare la legislazione in modo da contemplare per i nuovi acquirenti una serie di limiti che sono già presenti nella legislazione dei 28 Stati membri dell’UE. Sevarlic evidenzia, tra l’altro, come il caso della Poljoprivredni Kombinat Beograd (PKB) costituisca solo un esempio della mancanza di cura delle risorse nazionali, in quanto rappresenta il terreno più fertile a disposizione, che, secondo tradizione serba, dovrebbe essere inalienabile. 

A partire dal 2003, con l’accordo sull’adesione all’UE, la Slovenia ha assicurato un periodo transitorio di sette anni in relazione alla vendita di terreni agricoli per gli stranieri, che consente per il mercato interno l’adozione della clausola di protezione secondo cui la Commissione europea può decidere sulle misure generali di tutela economica, su richiesta dello Stato membro.

“La Slovenia ha deciso di non utilizzare la clausola di salvaguardia nel periodo di transizione, nonostante le pressioni da parte della società civile, il parere di esperti e un incremento nella vendita di terreni agricoli ed immobili agli stranieri nelle zone di frontiera, soprattutto ai cittadini di Italia e Austria. Il governo ha adottato le decisioni da parte del Ministero dell’Agricoltura, delle foreste e dell’alimentazione e ha istituito un Fondo per terreni agricoli e foreste, quindi le vendite di terreni agricoli e foreste da parte del Fondo sono state estese fino a 10 km all’interno della striscia di confine. Ancora oggi, a 12 anni dall’acquisizione dello status di membro, vengono venduti terreni agricoli nelle zone di confine con l’Austria, nel nord-est della Slovenia, Carso e Istria slovena, dove gli acquirenti sono per lo più cittadini italiani” spiega Franco Bogovic, ex Ministro sloveno dell’agricoltura ed attuale membro del Parlamento europeo.

Nel commercio di terreni agricoli, gli stranieri sono soggetti alle disposizioni previste dalla Legge sui Terreni agricoli e dalla Legge sulle foreste, che definiscono le procedure di vendita e le limitazioni nel caso di commercio con aziende agricole protette e di transazioni regolate dalla legge di ricomposizione fondiaria: “il problema dell’innalzamento dei prezzi dei terreni agricoli danneggia gli agricoltori sloveni, nonostante il primato di acquisto e altre misure di protezione previste dalla legge sui terreni agricoli. E’ importante notare che sui terreni agricoli gravano anche i ricavi catastali, con tassi ulteriormente incrementati nel 2013 a causa della nuova tassa immobiliare. La decisione della Corte Costituzionale è riuscita a impedire l’adozione della Legge sull’Imposta immobiliare, il che dimostra quanto sia importante per lo stato sapere come utilizzare e implementare meccanismi di protezione di importanza nazionale per uno sviluppo sostenibile delle aree rurali in linea con l’accordo di adesione”, sottolinea Bogovic.

Seppure con esperienze molto differenti, gli stati membri dell’UE, in relazione alla vendita di terreni agricoli agli stranieri, appaiono aver adottato una strategia tutto sommato accomunata dalla tutela degli specifici interessi nazionali e dalla visione di uno sviluppo sostenibile di un’attività economica importante come l’agricoltura.

“L’atto relativo all’adesione di Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Slovacchia del 2003 prevedeva un periodo transitorio di 12 anni per l’acquisto di terreni agricoli, e il periodo di tempo è stato definito in modo da limitare l’impatto negativo sullo sviluppo dell’agricoltura come risultato di un ostacolo prolungato agli investimenti esteri nel settore. Eppure l’Ungheria ha inserito nel 2012 nella sua costituzione il divieto di acquisto da parte degli stranieri di terreni agricoli. Inoltre, l’accordo di adesione firmato nel 2005 con Bulgaria e Romania prevede un periodo transitorio di sette anni, ma, in questi paesi l’acquisto di terreni agricoli non è completamente vietato”, spiega Franco Bogovic aggiungendo che nel 2013 i membri del parlamento bulgaro hanno confermato il provvedimento che vieta l’acquisto di terreni agricoli da parte di stranieri in Bulgaria fino al 2020. Tale decisione è stata adottata nonostante non sia perfettamente in linea con l’accordo di adesione della Bulgaria a partire dal 2007, secondo cui che gli stranieri sono autorizzati ad acquistare terreni agricoli in Bulgaria a partire al 1° gennaio 2014.

(eKapija, 23.10.2016)

http://www.ekapija.com/website/en/page/1576610/Still-not-certain-whether-foreigners-will-be-able-to-buy-land-in-Serbia-State-undecided-experts-opposed-European-experiences-vary..

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