Il 10 novembre la Commissione europea ha pubblicato il suo annuale “Progress Report” sugli stati candidati all’ UE. Nella relazione sulla Serbia, una delle questioni che non sono state ritenute risolte nel corso dell’ultimo anno è stata quella sulla libertà di stampa. Marko Kmezic scrive che il dibattito in merito è stato recentemente sollevato dai media serbi, in seguito a delle scuse pubbliche del proprietario di un potente gruppo multimediale per la mancanza di un’informazione indipendente in un caso di corruzione che ha coinvolto il sindaco di Belgrado. Egli sostiene che la mancanza di libertà dei media debba sollevare alcune questioni fondamentali sullo stato della democrazia del paese. Il testo è stato pubblicato prima in inglese su EUROPP-European Policy and Politics, il blog sulle politiche europee della London School of Economics and Political Sciences: http://blogs.lse.ac.uk/europpblog/
Traduzione a cura di Jasmina Stevanovic
L’8 novembre Andrija Rodic, il proprietario di Adria Media Group, che conta la pubblicazione di 18 riviste, tra cui il tabloid Kurir, si è scusato pubblicamente con i cittadini serbi per il suo ruolo nella copertura troppo favorevole della situazione nel paese, insieme all’ 80 per cento degli altri proprietari serbi dei media locali.
Fino a quel punto lui e icanali mediatici associati erano stati fedeli sostenitori del primo ministro della Serbia, Aleksandar Vucic, e della sua politica. In una schietta ammissione del grado di censura politica nei media serbi, Rodic ha descritto come le minacce di indebolire finanziariamente la sua società o di creare casi legali fabbricati ad hoc hanno portato allo sviluppo dellìauto-censura tra i giornalisti
Mentre la ragione ufficiale per questa improvvisa ammissione sarebbe una presunta richiesta da parte dei decisori politici di non rendere pubbliche le storie di corruzione che coinvolgono il sindaco di Belgrado, Sinisa Mali, il vero motivo alla base della rottura di questo conformismo, probabilmente giace altrove nella corsa continua per il denaro e nel condizionamento politico dei maggiori magnati dei media del paese. Tuttavia, la risposta da parte dei media filogovernativi, inclusa la pubblicazione dell’indirizzo di casa di Rodic, e il silenzio delle istituzioni statali in materia, solleva alcune questioni importanti riguardo la libertà democratica in Serbia.
La censura dei media in Serbia non è una cosa nuova. L’indice annuale di Freedom House sulla libertà di stampa colloca la Serbia al 74esimo posto su 196 paesi considerati nella sua ultima relazione del 2015, con i media serbi considerati solo ‘parzialmente liberi’. È interessante osservare che la libertà di stampa in Serbia, secondo Freedom House, è calata nell’arco di sei anni, con regressi registrati in ambito giuridico, politico ed economico. Nelle sue precedenti Relazioni sul Progresso, la Commissione Europea ha dichiarato che le minacce e le violenze contro i giornalisti continuano ad essere un fattore significante che condiziona l’esistenza dell’ auto-censura, e che questo fattore dovrebbe essere affrontato durante i colloqui per l’adesione all’UE della Serbia.
Nella relazione sul progresso del 10 novembre del 2015, la Commissione è stata chiara nell’affermare che, mentre la Serbia ha registrato un certo livello di preparazione per quanto riguarda il diritto alla libertà di espressione, in realtà non è stato compiuto alcun progresso coerente complessivamente nel corso dell’ultimo anno. Vale la pena notare che poco più di un anno fa, Johannes Hahn, il Commissario per l’Allargamento Europeo e la Politica di Vicinato, ha dichiarato che ha bisogno di prove, non di voci, al fine di reagire alle presunte violazioni della libertà dei media in Serbia. Nel corso dell’anno le prove si sono accumulate.
La libertà dei media è protetta dalla costituzione serba e dal sistema giuridico; tuttavia, il controllo statale e la proprietà privata dei media pubblici, la proprietà governativa di una parte cruciale del settore del marketing, la condizione di forte dipendenza economica dei media indipendenti e una certa pressione proveniente da entrambe le élite politiche e non, ha portato alla creazione di una forma strisciante di auto-censura.
Inoltre, ci sono i giornalisti che continuano ad affrontare attacchi fisici e verbali, mentre alcuni vivono sotto la protezione della polizia 24 ore al giorno, trovandosi ad affrontare minacce a causa dei risultati delle loro ricerche. La vulnerabilità economica dei giornalisti indipendenti offre anche l’opportunità di intervenire per l’interferenza ai business nei media, tra cui l’influenza esercitata dai rappresentanti di capitali esteri.
Ciò ha reso più difficile indicare in modo chiaro gli esempi di condizionamento politico. Veran Matic, il precedente direttore dell’ organo di stampa B92, ha in precedenza commentato che ci sono molti modi per fare pressione, e più sono sofisticati, più difficile diventa riconoscerli.
È per questo che la prima testimonianza in assoluto di un ‘insider’ del peso di Rodic potrebbe creare un punto di svolta nella comprensione dei meccanismi di controllo dei media nel paese. Questo potrebbe anche aprire la questione del basso livello a cui le istituzioni costituzionali in Serbia sono scese. Se le affermazioni di Rodic risultassero essere vere, o le istituzioni non riuscissero ad affrontare le sue dichiarazioni in un modo imparziale e trasparente, la questione inevitabilmente solleverebbe domande sul consolidamento democratico in Serbia.
Ma come siamo arrivati a questo punto? Il governo del primo ministro Aleksandar Vucic non è stato il primo a sviluppare i meccanismi di controllo dei media. Egli ha semplicemente perfezionato la pratica elaborata dai suoi predecessori, guidato dal Partito Democratico di Boris Tadic. Un’ultima analisi sul principale punto debole nella democrazia serba è il fallimento del sistema legale, vale a dire, il sistema difettoso che dovrebbe invece garantire lo stato di diritto, che manca di pesi e contrappesi, mentre il ruolo di primo piano del ramo esecutivo rischia di minare l’intero sistema democratico. A lungo termine, questa carenza può anche screditare i tentativi di tenere elezioni eque come parte di un processo democratico significativo.
N.B.: Questo articolo fornisce il punto di vista dell’autore, e non la posizione di EUROPP-European Politics and Policy o della London School of Economics o del Serbian Monitor.