Le opinioni degli esperti stranieri sul trionfo di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi sono concordi.
Il britannico James Ker-Lindsay, esperto di Balcani e professore presso la London School of Economics, si dichiarava convinto della vittoria di Hillary Clinton, giudicando il nuovo presidente americano Donald Trump “del tutto impreparato al ruolo”:”in termini di implicazioni più ampie, Hillary rappresentava un’opzione più stabile, considerando la sua notevole esperienza. Comprendo possa essere più impopolare in Serbia rispetto a Trump, ma ritengo che sarebbe stata una scelta più sicura poiché lui è completamente inadatto a quel ruolo. Trump non ha alcuna esperienza politica e il suo temperamento è poco adatto per una posizione così importante”. Ker-Lindsay sottolinea inoltre quanto l’intera regione dei Balcani abbia bisogno di stabilità: “si sono verificati numerosi attriti nella regione dei Balcani di recente, e ciò non è positivo per lo sviluppo economico e la sicurezza regionale. La prospettiva migliore è quella dell’integrazione della Serbia e degli altri paesi della nella forte e prospera Unione europea. Tutto sommato, credo che la realizzazione di questa prospettiva potrebbe risultare altamente improbabile durante il mandato di Trump”.
Tim Judah, un altro esperto britannico, paragona il neo eletto Presidente degli USa a Seselj: “è evidente che l’elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti rappresenta un male a livello globale. Se dovessi confrontare la situazione attuale nordamericana con quella dei Balcani direi che abbiamo una situazione simile a quella del 1990, quando Seselj godeva tra la gente di un grande supporto, quindi non mi meraviglio che oggi sia Trump a godere di così vasto consenso. Entrambi rappresentano un tipo di nazionalismo distruttivo. Seselj ha voluto rendere la Serbia grande (in entrambi i sensi), e Trump vuole fare lo stesso, anche se non si tratta solo di un’aspirazione territoriale. Per i suoi sostenitori i messicani, latino-americani e musulmani sono simili agli ustascia in questa parte del mondo, o ai jihadisti. Trump li deporterebbe volentieri tutti, il che si tradurrebbe in una qualche forma di pulizia etnica per 11 milioni di messicani”.
Per quanto riguarda l’atteggiamento di Trump verso i Balcani, Judah si dichiara molto pessimista: “se anche riuscisse ad individuarci sulla mappa, sarebbe solo grazie all’aiuto della moglie slovena. Se Clinton avesse vinto avremmo avuto brutte sorprese in misura minore, ma ora Trump porterà il caos economico e politico. Quello che è un male per il mondo è anche un male per la Serbia, e ciò che è buono per il mondo è buono anche per la Serbia. La Serbia non sarà più libero o ricca e non prenderà il controllo sul Kosovo con lui come presidente”.
Daniel Serwer, professore presso la Johns Hopkins University e analista politico, è un convinto sostenitore di Hillary Clinton: “sia Trump che Hillary non considerano i Balcani come priorità, ma Hillary è sicuramente più impegnata per la stabilità e la democrazia in questa parte del mondo, compresa l’integrità territoriale e la sovranità della Bosnia-Erzegovina e del Kosovo”. La vittoria di Trump rappresenterebbe un bene per Putin, ma non per la Serbia: “con tutto il rispetto per la Serbia, credo che gli eventi recenti mostrano che il Paese sta affrontando una minaccia criminale e politica serio per la sua democrazia e la stabilità che proviene dalla Russia e dalle potenze serbe a lei fedeli. L’idillio tra Trump e Putin potrebbe aggiungere benzina sul fuoco. Il posto più sicuro per la democrazia serba è l’UE e non l’interstizio tra l’Unione e il Cremlino”.
(Blic, 09.11.2016)
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