La Serbia ha ricordato il 14° anniversario della scomparsa del premier Zoran Djindjic: parenti, sostenitori e colleghi politici hanno reso tributo al leader riformista assassinato a Belgrado il 12 marzo 2003 durante il suo mandato come primo ministro.
Un omicidio, quello in cui Djindjic, fondatore e leader del Partito Democratico, perse la vita, il cui sfondo politico deve ancora essere ampiamente spiegato.
In quella che è ormai diventata una consuetudine annuale, parenti e amici di Djindjic hanno deposto fiori sulla sua tomba e migliaia di persone, unite al loro lutto, hanno marciato in una “Passeggiata per Zoran”, sfilando lungo le vie del centro della città.
Anche i membri del governo, che hanno guidato il paese successivamente al suo assassinio, hanno reso tributo alla memoria dell’ex premier, recandosi presso le corone di fiori poste davanti al palazzo del governo: l’attuale governo ha provveduto a corredare di corone il punto in cui è apposta la targa che ricorda Djindjic, nel cortile del palazzo del governo dove si consumò il delittuoso evento.
Alcuni dei suoi ammiratori hanno voluto ricordarlo, nella commozione del momento, lasciando messaggi sulla pagina ufficiale di Facebook di Djindjic: “Una grande persona, che era la speranza e la luce, ma qualcuno ha scelto l’oscurità”, “Quattordici anni perduti. Tutto ciò avrebbe potuto essere diverso, ma non abbiamo colto, come direbbe Zoran, la possibilità storica di diventare uno stato moderno, europeo, con uno stato di diritto”.
Djindjic è stato uno dei fondatori del Partito Democratico, che guidò la rivolta contro il regime di Slobodan Milosevic nel mese di ottobre 2000. Diventato primo ministro nel 2001, svolse un ruolo fondamentale nell’arresto ed estradizione di Milosevic al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia presso L’Aia per affrontare le accuse di crimini di guerra.
Fu assassinato il 12 marzo 2003 all’esterno del Palazzo del Governo di Belgrado.
Milorad Ulemek, alias Legija, ex comandante dell’Unità Operazioni Speciali del Ministero degli Interni, è stato riconosciuto colpevole per aver organizzato il gruppo che cospirò per assassinare Djindjic. Zvezdan Jovanovic, in servizio attivo nell’Unità al momento dell’assassinio, è stato riconosciuto colpevole materiale e di aver sparato i colpi che uccisero Djindjic. Entrambi gli uomini stanno attualmente scontando 40 anni di reclusione.
I membri dell’Unità Operativa speciale del Ministero sono stati riconosciuti colpevoli di aver cospirato per commettere l’omicidio, con l’aiuto del clan di Zemun, una banda della criminalità organizzata, ma il quadro politico nel caso rimane ancora poco chiaro.
(Maja Zivanovic, Balkan Insight, 12.03.2017)
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