Scambio di territorio? Rischio per l’intera Europa

L’idea dei leader della Serbia e del Kosovo dello scambio di territorio presenta un grande rischio per l’intera europa.

Questo è ciò che Judy Dempsey scrive nel suo testo per il Washington Post.

Quello che il presidente del Kosovo, Hashim Thaci, ha chiamato aggiustamento dei confini, potrebbe incoraggiare i nazionalisti in altre parti d’Europa a richiedere cose simili. Questo potrebbe essere un’ispirazione distruttiva per la Croazia, l’Albania, la Bosnia e la Macedonia, dove i movimenti nazionalisti e i singoli leader tendono ad avere paesi etnicamente omogenei.

Si ricorda che il piano prevedeva lo scambio del Nord di Mitrovica, dove la popolazione è di maggioranza serba, con la valle di Presevo, dove vivono in maggioranza gli albanesi. L’autrice aggiunge che gli albanesi a Mitrovica e i serbi nella valle di Presevo si stanno già chiedendo cosa accadrà a loro quando rimarranno in minoranza. Il potenziale per un conflitto è enorme soprattutto perché né Vucic né Thaci si sono rivolti ai loro cittadini per spiegare a loro cosa comporterebbe lo scambio di territori per loro.

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La Dempsey aggiunge che in Kosovo di per sé la situazione non è abbastanza stabile per attuare lo scambio in modo pacifico, e ritiene che la proposta serba di scambiare i territori porta grossi rischi. La regolazione dei confini che raramente avviene in modo pacifico (la dissoluzione della Cecoslovacchia è una rara eccezione) richiede forti istituzioni democratiche che permettino che tutto fili liscio e in modo pacifico, mentre nei Balcani e le istituzioni sono molto deboli, l’economia è dominata da oligarchie locali, e la corruzione è diffusa.


Il rischio, non deve essere sottovalutato. L’Europa è già stata tormentata da politiche nazionaliste anti-immigrati e populiste basate sull’identità etnica. Anche se i leader serbi e kosovari si impegneranno ad attuare i loro piani e a farli valere solo per la Serbia e il Kosovo, non ci sono alcune garanzie che questo non si diffonda in tutta Europa, conclude Judy Dempsey nel suo testo del Washington Post.

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