Shafiq Rafat e l’arte: dopo la fuga dall’Afghanistan, Belgrado trasforma in realtà un sogno

Le opere di Shafiq Rafat per la sua mostra Images for Peace avrebbero dovuto essere esposte al Klub Petak nel distretto di Savamala di Belgrado per una sola serata. Ma l’evento ha riscosso talmente tanto successo da indurre gli organizzatori a prolungare la mostra per il periodo di una settimana.

In Afghanistan, suo paese di origine, Rafat, 28 anni, era un ingegnere civile. Come migliaia di suoi compatrioti, racconta di essere stato costretto a fuggire dalla guerra e dalla violenza, diventando un rifugiato. Dopo aver affrontato i pericoli del viaggio durato tre mesi verso l’Europa, è giunto in Serbia con la sua famiglia nell’agosto dello scorso anno, e qui il suo talento artistico ha avuto modo di essere scoperto.

Il 13 aprile alle 19 Rafat era in attesa dei primi visitatori della mostra. Supportato dalla ONG Refugees Foundation Serbia, che ha scoperto il suo talento durante un workshop, il pittore si è nervosamente preparato al momento in cui il suo lavoro sarebbe stato giudicato pubblicamente per la prima volta. Secondo Edin Sinanovic, uno dei fondatori della ONG, la mostra è stata un grande successo.

“Il primo giorno della mostra è stato molto affollato. Molti amici sono venuti a vedere e lodare il suo lavoro. Poichè la mostra sarebbe durata per sette giorni, non ci aspettavamo poi molte persone nei giorni successivi. Ma ci sbagliavamo. Molte persone che non abbiamo mai incontrato o abbiamo visto prima sono venute a vedere di cosa si trattava”.

Quando si entra nella stanza, diventa immediatamente chiaro il significato del nome della mostra. Alcuni dipinti sono ispirati a fotografie reali, come quella della famosa ragazza afgana con gli occhi verdi di Steve McCurry, e altri arrivano direttamente dalla sua immaginazione. Rafat utilizza principalmente olio su tela e gran parte delle sue opere sono ritratti di donne in Afghanistan.

“Dal momento in cui sono arrivato in Serbia, riesco a respirare e sto godendo di più la vita. Mi sento più sicuro e posso disegnare. A causa della guerra nel mio paese e del viaggio pericoloso per arrivare qui, era molto tempo che non mi sentivo così”, racconta Rafat.

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che circa 100 rifugiati arrivano ogni giorno in Serbia, un numero di gran lunga inferiore ai 4.000-5.000 che arrivavano quotidianamente durante il picco della crisi nell’estate del 2015. La maggior parte è diretta verso il confine ungherese, nella speranza di attraversare il paese per entrare in Europa.

Mentre molti di coloro che rimangono in Serbia, principalmente uomini, vivono in campi informali o in siti abbandonati come quello accanto alla stazione degli autobus a Belgrado, altri sono registrati e vivono in campi di profughi statali fuori dalla capitale.

Rafat, sua moglie e il loro bambino di tre anni sono registrati nel campo di Krnjaca, a circa 10 chilometri da Belgrado, sull’altra sponda del Danubio. Sono entrati in Serbia nell’agosto 2016.

Fin dal suo arrivo, l’ex ingegnere ha sviluppato la sua passione per l’arte, un interesse che non ha mai avuto l’opportunità e il tempo di coltivare nel proprio paese d’origine.

“Sono un gran lavoratore. Non sono il tipo di uomo che siede a non far nulla. Così, quando sono arrivato in Serbia, ho deciso di fare qualcosa invece di aspettare. In Serbia, ci sono 8.000 rifugiati, ogni giorno vengono qui. Ma è la prima volta che un rifugiato espone le sue opere qui”, osserva Rafat.

Pochi mesi dopo il suo arrivo, Rafat è entrato in contatto con la Refugees Foundation Serbia. Gli operatori dell’ONG hanno scoperto la sua vocazione per il disegno e lo hanno aiutato a migliorare fornendogli attrezzature e uno spazio per lavorare. Hanno inoltre provveduto ad organizzare la mostra.

“Questa mostra ha superato le mie aspettative. Persone che non conoscevo sono venute per vedere il mio lavoro, mi hanno incoraggiato e hanno apprezzato le mie opere”.

Un po’ paradossalmente, dopo aver festeggiato l’inaugurazione di successo della sua mostra, Rafat ha preso l’autobus per tornare al campo profughi in cui vive. Secondo l’UNHCR, il centro di accoglienza di Krnjaca, precedentemente utilizzato per ospitare rifugiati e sfollati interni dopo le guerre balcaniche degli anni ’90, attualmente ospita circa 1.250 rifugiati, tra cui 400 minori.

Incoraggiato dalla fondazione, Rafat ha dipinto una dozzina di opere, e ciascuna di esse rappresenta una storia o un’emozione specifica. Cresciuto in un paese devastato dalla guerra, le sue opere rappresentano la sofferenza e la perdita e rappresentano una preghiera di pace, oltre a contenere messaggi di speranza.

Attraverso il suo lavoro, Rafat cerca di sensibilizzare su ciò che sta accadendo in Afghanistan e in tutto il mondo. Il pittore rappresenta soprattutto donne, per mostrare quale sia la loro situazione nel suo paese e per mettere in luce quanto i loro diritti vengano ignorati o calpestati.

“Quando vivi in un paese di guerra, non c’è spazio per l’arte. Quando ero bambino, disegnavo ovunque. Ogni volta che vedevo un muro, l’ho ricoprivo di disegni usando gessi che rubavo al mio insegnante”, ricorda.

Da quando è arrivato in Serbia, Rafat sente di poter evolvere per diventare finalmente l’artista che ha sempre voluto essere. Sa che sta progressivamente migliorando nel tempo e ha diversi piani per investire su se stesso vendendo le sue opere e organizzando più esposizioni.

Fin da quando, a quindici anni, è riuscito a vendere un suo disegno, a quel tempo in Afghanistan, il suo più grande sogno è diventato quello di essere un artista.

Rafat coltivava la speranza che la guerra nel suo paese di origine finisse. Tuttavia, la situazione non è cambiata e il pittore racconta che i talebani hanno cominciato a minacciarlo perché lavorava per una società americana. In seguito alle minacce, l’ingegnere-artista ha deciso di fuggire con la sua famiglia, lasciandosi tutto alle spalle, tranne che i suoi sogni sull’arte.

“La Serbia è un buon paese, ma qui trovare lavoro è difficile. Penso di sentirmi ancora più sicuro e più stabile in paesi come la Germania o la Svezia”, afferma.

Mentre la mostra completa di Rafat è ora chiusa, due dipinti sono ancora in mostra presso lo stesso centro espositivo.

Il suo lavoro può essere visualizzato anche nella sua pagina di Facebook: Art Shafiq.

(Mathilde de Kerchove, Balkan Insight, 15.05.2017)

http://www.balkaninsight.com/en/article/shafiq-rafat-engineer-refugee-and-artist-05-05-2017#sthash.03Y0KBOM.dpuf

 

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