Il proseguimento del dialogo tra Belgrado e Pristina, previsto per il 25 luglio, ma anche le sorti dell’intero processo di normalizzazione, dipenderanno in gran parte dai sostenitori occidentali a favore dell’indipendenza del Kosovo e dal fatto se riusciranno o meno a dialogare con il Premier delle istituzioni temporanee della provincia, Albin Kurti.
Il punto critico che verrà affrontato nelle prossime settimane è l’Associazione dei comuni serbi (ZSO), la cui formazione Kurti rifiuta con insistenza offrendo invece ai serbi del Kosovo e Metohija il Consiglio della minoranza nazionale, organo rappresentativo degli albanesi nella Serbia centrale.
La piattaforma di Kurti prevede altri 3 punti: che la Serbia firmi un accordo di pace con il Kosovo come Stato paritario, che l’accordo CEFTA includa senza restrizioni il Kosovo e che Veljko Odalović venga rimosso dalla guida della Commissione per le persone scomparse, cose per Belgrado assolutamente inaccettabili.
Il giorno dopo il suo ostacolo al dialogo a Bruxelles, il Premier kosovaro è stato attaccato sia dall’Ambasciatore americano che da quello britannico a Pristina. Philip Kosnett ha affermato che gli Stati Uniti ritengono che l’obbligo del Kosovo sia quello di formare l’Associazione dei comuni serbi e che si debba rispettare quanto concordato in precedenza.
Kurti, che nel frattempo è stato attaccato anche dall’opposizione a Pristina, ha rimproverato a suo modo Kosnett dicendo che il Kosovo non può formare un’Associazione basata su motivi etnici, come stabilito dalla Corte costituzionale del 2015.
Ai messaggi di Kurti ha risposto l’Ambasciatore britannico Nicholas Abbott, il quale è stato chiaro sulla necessità di istituire l’Associazione, dato che fa parte degli accordi firmati nel dialogo tra Belgrado e Pristina. Lo stesso ha aggiunto che è necessario chiarire quali siano i poteri e le competenze che, secondo gli albanesi, potrebbero mettere in pericolo la Costituzione del Paese e lavorarci.
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