Poco più di una settimana fa un gruppo di giovani bosgnacchi è sfilato per le strade della città indossando uniforme verde e fez. Mentre nel resto del Paese l’evento non ha suscitato grandi reazioni, nel capoluogo del Sangiaccato ci si chiede se questo sia il segnale di un innalzamento della tensione tra gruppi etnico-religiosi.
Mercoledì 3 settembre una trentina di giovani, guidati dal presidente della Comunità islamica in Serbia Mevlud Dudic e dal muftì del Sangiaccato Muamer Zukorlic, ha marciato per ricordare i settant’anni dalla condanna a morte decisa dal Governo socialista nei confronti dei bosgnacchi locali che hanno collaborato con gli occupanti nazifascisti nella Seconda guerra mondiale.
“Credetemi quando vi dico che né a me né a nessun altro, quando abbiamo discusso dell’abbigliamento e del suo colore, così come del fez, è mai passato per la mente che essi potessero essere definiti una uniforme. Il verde – presso i musulmani, in particolare presso noi bosgnacchi – non viene associato alle uniformi”: così tenta di smorzare i toni Resad Plojovic, vicepresidente della Comunità islamica in Serbia. La stessa comprensione per la marcia dei giovani musulmani non è però mostrata dal sindaco della città, Meho Mahmutovic, il quale si dice preoccupato tanto dagli estremisti islamici locali, quanto dai cosiddetti “cetnici ucraini” [estremisti serbo-ortodossi che combattono volontariamente a fianco dei filorussi in Ucraina, ndr.]. Ciò che scoraggia ancora di più Mahmutovic, poi, è il silenzio delle istituzioni nazionali, il quale sembra mostrare che la questione riguardi solo la comunità locale. “A Novi Pazar devono marciare gli investitori”, conclude il sindaco.
C’è da aggiungere che in città si pensa sempre di più alle elezioni del Consiglio nazionale bosgnacco, previste per il 26 ottobre: quel giorno i quasi 100 mila serbi musulmani iscritti in un registro elettorale speciale sceglieranno i propri rappresentanti. Per ora si è presentata una sola lista (“Per l’unità bosgnacca”), guidata da Sulejman Ugljanin. Secondo Esad Dzudzo, presidente ad interim del Consiglio nazionale bosgnacco, la marcia è un modo per stimolare gli elettori a partecipare alla tornata, finora non molto seguita.
Gli abitanti di Novi Pazar non hanno però preso molto bene la marcia: essi non desiderano nuove tensioni e pensano che i problemi da risolvere siano altri, primo fra tutti l’alta disoccupazione (in una città che è tra le più giovani, quanto a età media della popolazione, della Serbia). Gli esperti ritengono comunque che il messaggio dato dalla sfilata di quello che è stato ribattezzato “l’esercito del muftì” sia negativo e, in ogni caso, politico. Secondo Dusan Spasojevic, ex Ambasciatore in Turchia, “la situazione non è finora degenerata, ma bisogna essere pienamente consapevoli del fatto che qui siamo di fronte a un Islam politico che avvelena intenzionalmente l’atmosfera e manipola il popolo bosgnacco”.
(RTS, 11.09.2014 / Danas, 05.09.2014)