Potere economico in otto paesi dei Balcani, secondo l’indice di NIN

In due dei dieci parametri (salario medio e crescita della spesa privata), la Serbia risulta il peggiore paese tra tutti i suoi vicini, mentre in cima alla lista compaiono Romania, Bulgaria e Croazia: è quanto riporta la pubblicazione settimanale della rivista NIN di Belgrado, nel suo indice del potere economico degli otto paesi della regione.

Bulgaria e Romania detengono il più alto indice NIN del potere economico, che comprende 10 diversi parametri: il prodotto interno lordo pro capite, il tasso di crescita economica, il salario medio netto, la crescita dei salari reali e la spesa privata della popolazione, l’inflazione e il tasso di disoccupazione, la partecipazione del debito pubblico ed esterna sul PIL, e il deficit/surplus nella bilancia dei pagamenti. Per determinare la loro posizione sulla scala dell’indice di potere economico, tutti i paesi sono stati valutati per ciascun parametro, ottenendo punti in un range da uno a otto: in seguito la somma totalizzata è stata moltiplicata per 0,125, per ottenere la scala nella gamma da 1 a 10 punti.

Con cinque “primi posti”, il più alto tasso di crescita del PIL reale, salari più alti e la spesa privata, e con anche il tasso di inflazione di inflazione e disoccupazione più basso, per il secondo anno consecutivo, la Romania si conferma leader indiscusso nella regione. Al secondo posto la Bulgaria, con 8 punti nell’indice di NIN, e al terzo posto la Croazia, con 6,25 punti, più avanti rispetto a tutti gli altri paesi sulla scala del salario medio.

La Serbia, insieme con la Macedonia, il Montenegro e l’Albania non risulta migliore rispetto a nessuno degli altri paesi della regione, in nessuno dei dieci parametri.

L’Albania precipita all’ultimo posto a causa della più lenta crescita economica, il PIL pro capite più basso, l’inflazione più alta e il più grande deficit della bilancia dei pagamenti. Ma l’indice albanese del potere economico è inferiore solo di 0,125 punti rispetto a quello della Serbia.

A pochi giorni dalle elezioni parlamentari dell’aprile 2016, il Primo Ministro serbo Aleksandar Vučić ha promesso che il salario medio raggiungerà, entro la fine del 2017, la cifra di 500 euro. Ma, nel marzo di quest’anno, il salario medio netto risulterà pari a 395 euro, come ha anticipato Vučić intervenendo presso il Kopaonik Business Forum, poche settimane fa.

In meno di un anno, il salario medio si è abbassato di più di 100 euro. I salari reali, purtroppo, ammontano ancora a meno, e la Serbia, con un salario medio pari a 374 euro nel 2016, è scesa agli ultimi posti nella regione. Con l’eccezione di Macedonia, che sta vivendo una crisi politica da quasi due anni, negli altri sette paesi osservati, i salari medi lo scorso anno sono stati superiori a 400 euro, con il più alto (788 euro) in Croazia: seguono il Montenegro (499 euro), e la Bulgaria (492 euro).

Vučić, presso il Kopaonik Business Forum, ha dichiarato di essere stato contattato da investitori stranieri che stavano valutando di investire in Romania e Bulgaria, ma che, in seguito all’aumento dei salari verificatosi in questi due paesi, stanno invece valutando la Serbia come meta dei propri affari. E’ probabilmente a causa di salari più bassi (mediamente, un impiegato in Serbia è più conveniente di 50 euro rispetto alla Romania e di 100 euro rispetto alla Bulgaria).

Tuttavia, negli ultimi due anni, la crescita economica media in Serbia è stata pari soltanto all’1,8%. Nonostante Vučić abbia dichiarato, nel 2014, che la Serbia avrebbe fatto registrare la più alta crescita in Europa nel 2016, non solo non è stata la più alta in Europa, ma è risultata anche inferiore alla media in zona euro, e per di più, più lenta nel tempo della media della regione.

In cinque degli otto paesi della regione, negli ultimi due anni, il PIL è cresciuto in media di oltre il 3% (in Romania del 4,5%, del 3,4% in Bulgaria, in Macedonia e Montenegro del 3,1% e in Albania del 3%). In Bosnia-Erzegovina, il tasso medio di crescita si è attestato al 2,5% e in Croazia al 2,1%. Solo la Serbia ha una crescita pari a meno del 2%, troppo lenta per il “campione europeo”.

D’altra parte, rispetto ai suoi vicini, la Serbia è nella posizione più alta della classifica, al terzo posto per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, anche se molti economisti ritengono che sia questa una delle questioni essenziali dell’economia serba.

La Serbia si trova ad affrontare altre questioni. Un altro motivo di pessimismo è rappresentato dal rallentamento nella crescita del PIL. Negli ultimi sette anni, il tasso medio di crescita economica è stato solo dello 0,5% – quattro volte inferiore rispetto ad altri paesi della regione, e cinque volte inferiore alla media dei paesi dell’Europa centrale e sud-est.

L’indice del potere economico di NIN, tuttavia, non contiene informazioni su come ogni paese sta investendo gran parte del suo PIL, e i futuri tassi di crescita economica dipendono da questo. Gli economisti avvertono che la principale ragione strutturale alla base della bassa crescita economica in Serbia è rappresentata dalla quota insufficiente di investimenti nel PIL.

Secondo i calcoli del Presidente del Consiglio fiscale, Pavle Petrović, per una crescita economica elevata e sostenibile della Serbia è necessario che la quota degli investimenti sul PIL sia di circa il 25%, ma a partire dal 2010 è stato investito solo il 18% del PIL , e nel 2015 il 17,7%. Leggermente peggio della Serbia la BiH, con investimenti lordi del 17,3% del PIL, mentre l’Albania ha il 27,2% di investimenti nel PIL.

(European Western Balkans, 21.03.2017)

https://europeanwesternbalkans.com/2017/03/21/down-to-bottom-nins-index-of-economic-power-of-eight-balkan-countries/

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