Steve Hanke: perché la Serbia è ai vertici mondiali della povertà

Alcuni giorni fa il quotidiano Politika ha pubblicato un’interessante intervista all’economista statunitense Steve Hanke, professore di Economia Applicata alla John Hopkins University di Baltimora e autore della ricerca “Indice di povertà”. Lo studio ha classificato 89 Paesi del mondo in base ai fattori (inflazione, disoccupazione e tassi di interesse) che hanno un’influenza negativa sulla crescita del PIL. In questa graduatoria, la Serbia ha ottenuto un allarmante terzo posto, dietro ai soli Venezuela e Iran.

Disoccupazione alta, povertà percepita maggiormente

“Il problema maggiore, in Venezuela, è l’inflazione incredibilmente alta; in Serbia, invece, la disoccupazione. Stando a parametri oggettivi, il Venezuela è al primo posto della classifica, mentre la Serbia al terzo; penso però che, dal punto di vista soggettivo, la miseria sia maggiormente sentita nel vostro Paese rispetto a quanto mostrato dai criteri della ricerca. Il fatto è che se non si ha un lavoro, ci si sente più poveri”, spiega Hanke. L’economista dice che nella lista relativa allo scorso anno i posti più bassi sono occupati da Giappone, Taiwan e Singapore, e ciò indica che i fattori economici presi in esame sono minori in questi Paesi. Il posizionamento di alcune nazioni, d’altra parte, è davvero sorprendente: dalla classifica viene fuori, ad esempio, che in Malesia si vive meglio che negli Stati Uniti, il che pone la questione se le formule economiche diano una rappresentazione reale della vita nei Paesi presi in esame: “Ciò che posso dire è che nei Paesi in fondo alla classifica si vive davvero meglio rispetto a quelli posizionati a metà e al vertice. Ci possono essere alcune variazioni, ma la ricerca mostra un principio generale”.

La ricetta per risollevare il Paese? Quella neoliberista

Hanke appartiene alla Scuola di Chicago, il cui esponente principale è stato Milton Friedman; la posizione di questa corrente di orientamento neoliberista – la quale sostiene che gli interventi sui prezzi da parte dello Stato portano a mancanze di prodotti, siano essi pomodori, gas o petrolio – spiega, secondo Hanke, perché in Venezuela la situazione sia così negativa e il motivo del cattivo posizionamento della Serbia. Hanke è anche stato collaboratore del Presidente argentino Carlos Menem, a cui ha suggerito le radicali riforme degli anni Novanta, come il contenimento dell’inflazione, le privatizzazioni e l’apertura del mercato a capitali e beni stranieri; quando gli viene fatto notare che nel Paese latino-americano tali mosse non sono terminate bene, Hanke difende le proprie idee, sostenendo che il modello è ottimo e che le cose sono andate male perché il Governo successivo a quello di Menem ha fatto “tutto il contrario di ciò che avrebbe dovuto, comprese le nazionalizzazioni”. L’economista americano conosce bene la situazione della regione balcanica, avendo collaborato con l’ultimo vicpresidente iugoslavo, Zivko Pregl, e – più avanti – con i Governi bosniaco, montenegrino e bulgaro; per questo, egli sostiene che la ricetta neoliberista (privatizzazioni, diminuzione dell’inflazione, mercato aperto e deregolamentazione) è efficace al cento per cento; egli la propone quindi anche per la Serbia: “Al vostro Paese consiglierei ciò che a suo tempo ho suggerito alla Bulgaria, e cioè l’abbassamento dei tassi d’interesse. Il credito in Serbia è caro, e per questo le piccole e medie imprese non possono indebitarsi e fare progressi. In Bulgaria hanno fatto questo passo: nel 1997 avevano un’inflazione enorme, oggi sono i migliori nei Balcani e hanno i tassi d’interesse più bassi”. Per Hanke il valore del dinaro dev’essere ancorato a quello dell’euro, mentre lo Stato deve ritirarsi da ogni business ed eliminare numerose (e inutili) normative: “So che è difficile da realizzare, ma non ci saranno investimenti se non vengono diminuiti regolamenti e corruzione. Non si crea lavoro se lo Stato si intromette negli affari. Non a caso, i risultati della mia ricerca sono in linea con le conclusioni della Banca Mondiale che, nella sua classifica relativa alle condizioni per fare impresa. assegna alla Serbia il 93esimo posto su 189 Paesi”.

Ancora lontano il miglioramento dell’economia UE

Allargando il discorso alle tendenze mondiali, Hanke dice che l’economia dell’Unione migliorerà nel tempo, ma non all’improvviso e nemmeno nell’immediato; va invece un po’ meglio negli USA. Ma quali saranno le conseguenze delle sanzioni decise dall’Europa e dagli Stati Uniti nei confronti della Russia? “Prima di tutto, ci tengo a dire che io sono contro le sanzioni e sempre a favore della diplomazia. Le sanzioni alimentano solo il fuoco e rendono le situazioni più difficili. Gli USA insistono per nuove sanzioni e, con tutta probabilità, continueranno a imporle, a differenza della UE. Parlando dell’economia russa, io mi concentrerei prima di tutto sul gasdotto South Stream; per il destino di questo progetto, il Paese più importante è la Bulgaria. Per ora mi sembra che il Paese sia più dalla parte di Gasprom che della UE, così come la Serbia, ma seguirei con grande interesse cosa deciderà il Governo di Sofia”.

(b92.net, 07.05.2014)

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