Ministro Urso: “Abbiamo iniziato una nuova fase nelle relazioni italo-serbe”

Il ministro italiano dell’Imprenditoria e del Made in Italy Adolfo Urso, in visita in Serbia in occasione dell’apertura della sede dell’agenzia italiana di credito all’esportazione SACE, ha rilasciato un’intervista a Tanjug. Trasmettiamo l’intervista integralmente.

Come valuta l’attuale cooperazione economica tra Serbia e Italia? Qual è il livello della cooperazione commerciale tra Serbia e Italia?

La cooperazione economica tra i due Paesi poggia su basi solide e consolidate. Nei primi sei mesi del 2023 l’Italia si è infatti confermata terzo partner commerciale della Serbia, con 2,26 miliardi di euro di interscambio bilaterale ed è uno dei maggiori investitori esteri nel Paese. Non dimentichiamo, infatti, che il volume di importazioni serbe dall’Italia è stato pari a 1,32 miliardi e quello delle esportazioni verso l’Italia pari a circa 933 milioni di euro. Un grosso risultato. Miriamo però a consolidare ancora le relazioni commerciali, puntando su settori ad alto contenuto tecnologico. Una nuova fase già stata avviata con il Business and Science Forum, che si è tenuto il 21-22 marzo a Belgrado, al quale hanno partecipato oltre 150 aziende italiane e oltre 250 imprese serbe, a testimonianza dell’interesse comune di approfondire i rapporti economici, trovando al tempo stesso nuove opportunità di business.

Quante imprese italiane operano in Serbia?

A oggi si contano in Serbia oltre 1200 imprese con quota di partecipazione italiana, per un totale di 34.000 dipendenti diretti. Queste generano il 4,5% del PIL serbo. Il quadro delle imprese è molto variegato per dimensioni, geografia e settori, ma vantiamo una posizione di primato nel settore assicurativo e bancario, basti pensare a Intesa Sanpaolo, prima banca nel territorio serbo, e UniCredit. Abbiamo guadagnato uno spazio importante anche in quello tessile, in quello delle sostanze e prodotti chimici, nell’automotive, nella produzione di macchinari e apparecchi, di articoli di gomma e materie plastiche, oltre che in ambito alimentare. Le nostre aziende e le Pmi sono presenti non solo a Belgrado, ma anche nella Provincia Autonoma della Vojvodina, a Kragujevac, Jagodina, Sabac, Nis, fino al sud del Paese.

Cosa attira le imprese italiane a investire in Serbia?

Una presenza capillare e già radicata sul territorio e la prospettiva di rafforzare ancora di più le relazioni bilaterali. La prossimità geografica indubbiamente è importante, ma c’è molto altro. La Serbia è vista infatti come un Paese stabile, con un business environment accogliente, professionalità sviluppate e una burocrazia non ostativa. La pandemia prima e la guerra in Ucraina poi, hanno evidenziato l’importanza di investire proprio in questa nazione, grazie ai cosiddetti fenomeni di “near-shoring” e “friend-shoring”.

In quali settori è maggiormente sviluppata la cooperazione commerciale bilaterale? In quali settori è possibile un ulteriore rafforzamento?

Sicuramente nei settori tradizionali, come il tessile, l’abbigliamento e la produzione di calzature. Ma alla luce delle trasformazioni di mercato, dobbiamo e vogliamo puntare su comparti innovativi come la digitalizzazione, la transizione verde ed energetica, l’agri-tech e le smart cities, in linea con il nuovo indirizzo economico del Paese. Stiamo infatti acquisendo sempre maggiore spazio in settori come l’ICT, con circa 45 aziende italiane già presenti in Serbia. Ma è solo un punto di partenza.

Si aspetta di fare alcune nuove partnership commerciali?

Certamente. C’è una grande domanda di “Made in Italy” in Serbia, ma anche un crescente interesse degli investitori serbi verso l’Italia. Questa nuova stagione di rapporti commerciali con Belgrado è stata inaugurata dalla Conferenza di Trieste nel 2023 presieduta dal vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani.  Dopo il Business and Science Forum di marzo, poi, le relazioni si sono intensificate ancora e si sono moltiplicate le richieste di informazioni da parte delle nostre aziende, che vorrebbero operare in Serbia. L’Italia si è dotata, inoltre, di strumenti finanziari ad hoc per sostenere l’internazionalizzazione di queste imprese, con l’apertura a Belgrado degli uffici di SIMEST (a giugno), SACE (che inaugureremo in questi giorni) e altri ne seguiranno.

L’Italia è il maggiore importatore di grano dalla Serbia. Alla luce degli eventi in Ucraina, quanto spazio c’è per il collocamento del grano serbo?

La guerra in Ucraina sta avendo ripercussioni drammatiche anche sull’approvvigionamento di grano a livello globale. Come è noto, l’Italia è in prima linea per la sicurezza alimentare: dal 24 al 26 luglio abbiamo ospitato il Secondo Vertice delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari Sostenibili e questo tema è al centro della candidatura di Roma ad ospitare EXPO 2030. Il nostro Paese è stato anche partner alla Fiera Internazionale dell’Agricoltura di Novi Sad dello scorso maggio, con ben 21 aziende della nostra filiera. Combattere il fenomeno inflattivo, che ha colpito questo bene primario, rappresenta una sfida comune e alla luce di questo sono convinto ci sia spazio per rafforzare l’interscambio di grano e di prodotti agricoli in generale tra i nostri Paesi.

Nel quadro del partenariato strategico tra Serbia e Italia, ritiene che il potenziale economico e la cooperazione dei due paesi siano stati sufficientemente utilizzati?

Sono convinto che ci siano ancora ampi margini di cooperazione da sfruttare. I prossimi appuntamenti bilaterali su cui stiamo lavorando riguardano la partecipazione italiana alla Fiera “Wine Vision” di Open Balkan di novembre a Belgrado e un Forum dell’Innovazione e delle Start-up a dicembre sempre nella capitale. Abbiamo inoltre in programma di ospitare la seconda edizione del Business and Science Forum a Trieste nella primavera 2024. Eventi che non potranno che cementificare ancora di più le relazioni con la Serbia.

(Tanjug, 13.09.2023)

https://www.tanjug.rs/srbija/politika/49669/intervju-sa-italijanskim-ministrom-adolfom-ursom-koji-boravi-u-poseti-srbiji-povodom-otvaranja-agencije-sace/amp

 

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