Milorad Dodik, Presidente della Republika Srpska, entità prevalentemente di etnia serba della Bosnia, ha annunciato di aver ricevuto un invito a partecipare alla cerimonia di insediamento del neo eletto Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Sarebbe quindi Dodik l’unico politico balcanico cui l’invito alla manifestazione, prevista il 20 gennaio a Washington, è stato inoltrato. Il politico serbo-bosniaco ha quindi debitamente inoltrato richiesta presso l’Ambasciata USA per ottenere un visto diplomatico verso gli Stati Uniti.
Ma quasi subito dopo il suo annuncio, il Ministro degli Esteri bosniaco Igor Crnadak ha chiarito che solo gli ambasciatori sono invitati alla cerimonia e che la Bosnia verrà rappresentata dal suo Ambasciatore presso Washington. Ha anche spiegato che tale invito è normalmente inviato attraverso il Ministero degli Esteri e non sotto forma di una lettera privata, come nel caso di Dodik, il quale però, nel corso di un’intervista rilasciata a N1 TV, ha mostrato il suo “invito”, pur senza rivelare la carta intestata o la firma. Tuttavia in quel momento l’arcano è stato svelato: Dodik non è stato invitato alla cerimonia ufficiale di Trump, ma ad incontro privato organizzato da gruppi religiosi e conservatori (compreso il Tea Party), ai margini dell’evento ufficiale e principale.
L’Ambasciata degli Stati Uniti a Sarajevo ha successivamente confermato che Dodik non è sulla lista degli ospiti invitati. E infatti, l’Ambasciata degli Stati Uniti non ha concesso a Dodik il visto diplomatico, in quanto egli non rappresenterà il suo paese durante l’evento.
Ma è parso che Dodik suggerisse la presenza di altri motivi dietro tale diniego: “la mia richiesta è stata negata perché non sono un rappresentante ufficiale dello Stato bosniaco, che quel tipo di visto mi è stato precedentemente concesso in modo regolare”. Dodik ha anche rivelato il contenuto di una telefonata avuta con Hoyt Brian Yee, alle sollecitazioni del quale avrebbe risposto che “la responsabilità dell’attuale crisi bosniaca è in gran parte da imputare all’amministrazione statunitense uscente. Ho chiesto loro di lasciare la Bosnia e smettere di interferire. Ho anche messo in chiaro che il mio partito non rinuncerà alle sue politiche”.
L’Ambasciata degli Stati Uniti a Sarajevo ha diffuso la propria versione dello scambio tra Dodik ed il funzionario del Dipartimento di Stato e ha ribadito il suo impegno per gli accordi di pace di Dayton: “come segno di costante impegno degli Stati Uniti per la sovranità e l’integrità territoriale della Bosnia, e per il rafforzamento dei valori e delle istituzioni democratiche in questo paese, il Vice Assistente Segretario Hoyt Yee e l’Ambasciatore Maureen Cormack hanno avuto un colloquio con il Presidente della Repubblica serba di Bosnia al fine di esprimere la nostra preoccupazione per le sue recenti dichiarazioni e azioni pubbliche, e per ribadire la nostra posizione. Riteniamo infatti che il rifiuto di collaborare con la Corte costituzionale bosniaca rappresenti una violazione dello stato di diritto, e che i responsabili dovrebbero affrontarne le conseguenze. Prendiamo molto sul serio ogni tentativo di minare gli accordi di pace di Dayton”.
Tuttavia, il 27 dicembre, Dodik è tornato a Sarajevo per fare domanda per un visto regolare degli Stati Uniti, determinato ad onorare l’invito ricevuto, scatenando la reazione del Ministro bosniaco Crnadak il quale ha definito la questione come un “imbarazzo evitabile”.
(Rferl, 29.12.2016)
http://www.rferl.org/a/dodik-trump-invitation-inauguration-republika-srpska/28203700.html
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