Ambasciatore Lo Cascio: “Integrazione politica ed economica tra Italia e Serbia alla base di una crescita condivisa”

Da quando è arrivato nel paese quasi dieci mesi fa, l’Ambasciatore d’Italia in Serbia Carlo Lo Cascio ha sempre sottolineato l’importanza della programmazione e del coordinamento delle varie attività per mantenere alta la rilevanza di Roma in un paese attraversato da strategie geopolitiche anche discordanti. Al termine della presentazione del programma per le celebrazioni per i 140 anni di relazioni diplomatiche e per i 10 anni di partenariato strategico Italia-Serbia, è visibile sul suo volto la soddisfazione per un risultato non scontato e forse senza precedenti: l’Italia che a febbraio presenta la programmazione fino a dicembre delle iniziative economiche, culturali e scientiche in Serbia. 

Ambasciatore Lo Cascio, Lei è un profondo conoscitore dei Balcani ed è la sua seconda volta a Belgrado (era Consigliere negli anni 2005-2008). Come descriverebbe l’investimento politico dell’Italia sui Balcani e sulla Serbia in particolare?

Credo che l’Italia abbia fatto una scelta lungimirante quando, tempo fa, decise di fare un investimento “a tutto tondo” nei Balcani, prima che altri mostrassero analogo interesse. Nella Serbia, oltre dieci anni fa, abbiamo scorto le potenzialità di un Paese strategico per gli equilibri regionali, con molteplici affinità rispetto al nostro soprattutto in campo economico. E’ stata una scommessa importante. Oggi, grazie anche alla sua vicinanza all’Italia, la Serbia – geograficamente in Europa pur non essendo ancora, istituzionalmente, parte dell’Unione Europea – continua a giocare un ruolo importante nelle relazioni tra Europa, Asia e Mediterraneo. Siamo qui per sostenere Belgrado nel percorso di integrazione europea e per incoraggiare gli amici serbi ad intraprendere le riforme necessarie.

Nel 2019 ricorrono i 140 anni dallo stabilimento di relazioni diplomatiche tra Italia e Serbia e i dieci anni dall’istituzione del partenariato strategico che lega Roma e Belgrado. Può fare un bilancio per i nostri lettori? Quali sono gli scenari futuri del rapporto tra Serbia e Italia?

Siamo soddisfatti di aver promosso ed alimentato una “relazione speciale” tra Roma e Belgrado, finalizzata a intensificare i rapporti esistenti in tutti i campi. Negli ultimi anni si sono susseguite intese per instaurare e approfondire scambi in molti settori: dalla lotta alla corruzione e al crimine organizzato, alla cooperazione in campo scientifico e tecnologico, solo per citare alcuni esempi tra loro assai diversi. In campo economico, voglio ricordare che, secondo l’Ente di statistica serbo, nel 2018 gli scambi commerciali tra Italia e Serbia hanno superato, per la prima volta, la soglia record dei 4 miliardi di euro. Siamo un partner affidabile e strenuo sostenitore dell’integrazione europea della Serbia, che dal 2014 è ufficialmente Paese candidato per diventare membro dell’UE. Ci auguriamo che la Serbia prosegua con rapidità sulla via delle riforme, nell’economia ma anche nell’amministrazione e nello stato di diritto, nell’interesse primario dei cittadini e allo scopo ulteriore di accelerare il ritmo del negoziato di adesione. L’Italia e la Serbia godono di eccellenti relazioni bilaterali e siamo qui per continuare a rafforzare questa cooperazione. Vedo settori molto promettenti su cui puntare: cito ancora la ricerca scientifica e tecnologica, che da’ prova di essere un campo innovativo dei nostri rapporti con potenziali risvolti positivi anche sull’economia di entrambi i Paesi.

 

 

In campo economico, voglio ricordare che, secondo l’Ente di statistica serbo, nel 2018 gli scambi commerciali tra Italia e Serbia hanno superato, per la prima volta, la soglia record dei 4 miliardi di euro.

 

L’Italia quest’anno avrà la presidenza dell’Iniziativa Centro-Europea, il più esteso forum di cooperazione e integrazione regionale nell’Europa Centrale, Orientale e Balcanica con sede a Trieste. Cosa implicherà in concreto per la Serbia e per l’azione diplomatica dell’Italia in Serbia?

La Presidenza italiana dell’InCE 2019 rappresenta un’ulteriore opportunità per l’Italia per promuovere la prospettiva europea in Serbia e allo stesso tempo per rappresentare ulteriormente le aspettative di Belgrado per l’adesione. Tradizionalmente, i Paesi aderenti all’Iniziativa che non sono membri dell’UE, come è ora il caso della Serbia, vedono in quest’organizzazione una preziosa opportunità per acquisire standard comunitari. La dimensione della cooperazione regionale, il dialogo tra Paesi tra loro “vicini”, oltre che tra “macro-regioni”, costituiscono principi a cui si ispira l’InCE e allo stesso tempo criteri prioritari presi in considerazione dalla Commissione Europea per misurare i progressi di un Paese nel percorso di avvicinamento all’UE. Oltretutto, considerando che l’azione dell’InCE si diffonde attraverso le tre dimensioni governativa, parlamentare e “business”, non esitiamo a considerarla un ulteriore strumento a disposizione per rafforzare la cooperazione regionale e il percorso europeo della Serbia.

Oggi 7 febbraio Lei ha ospitato in Ambasciata una conferenza stampa di promozione dei principali eventi culturali ed economici dell’Italia in Serbia. Ci può dire qualcosa di più in proposito? A quali criteri si ispirano le manifestazioni di quest’anno? C’è un collegamento tra la celebrazione del “doppio anniversario”  ed i consueti appuntamenti, come ad esempio della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo?

Il contributo dell’Italia alla vita culturale serba non si limita ai suoi aspetti più conosciuti e immediati. In occasione della Giornata della Memoria, lo scorso 29 gennaio all’Opera di Belgrado è stata rappresentata l’Opera di Claudio Monteverdi “L’incoronazione di Poppea”.

Le celebrazioni per i 140 anni dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche e per i 10 anni dalla firma del partenariato strategico sono un’occasione speciale per riaffermare la pervasività del metodo della cultura, dell’incontro e della creatività in tutti i settori. Tra le varie iniziative, desidero citare a titolo esemplificativo la mostra “La scuola del Bernini e il Barocco romano” che sarà inaugurata fra poco meno di un mese, il 7 marzo. Il pubblico serbo avrà l’incredibile opportunità di vedere più di 50 capolavori che definiscono il barocco come il primo vero movimento d’arte moderna europea. Ci piacerebbe che questa esposizione fosse rappresentativa dello spirito dell’intera offerta culturale dell’anno: bellezza e innovazione come cardini di un programma che spazia dall’arte alla musica, dalla letteratura al cibo, dalla ricerca al design. Tutto è sotteso, in questo calendario di eventi, alla cultura come mezzo d’incontro, approccio che qui in Serbia riscuote particolare successo. Il “Vivere all’Italiana” è quel complesso di eredità culturale che ci definisce, e che rende l’Italia quella “superpotenza culturale” tanto ammirata e amata in tutto il mondo: anche e soprattutto in Serbia, dove abbiamo un pubblico molto attento. Perciò abbiamo pensato a una selezione unica e assai diversificata di manifestazioni in tutti i campi. La possibilità straordinaria di ammirare opere storiche, l’offerta di concerti d’alto livello, l’arrivo a Belgrado di grandi personaggi (Eros Ramazzotti, Isabella Rossellini e altri) sono eventi di particolare rilievo ma comunque non esaustivi all’offerta italiana, perché dovrebbe considerarsi incluso in tutto ciò anche il settore economico-commerciale. Ad esempio, la partecipazione dell’Italia alla Fiera dell’Agricoltura di Novi Sad – come Paese partner – sarà accompagnata dal concerto diretto dal Maestro Marciano’.

Finora la Serbia è stata presentata spesso solo come un paese dai bassi salari e dai bassi costi, dove delocalizzare produzioni a basso valore aggiunto, magari chiudendo le relative fabbriche in Italia. Come presenterebbe invece lei il paese a un’impresa intenzionata a valutare la fattibilità di un investimento?

Il Presidente serbo Vucic ha presenziato il 21 novembre scorso all’inaugurazione a Kula di una nuova fabbrica del gruppo Calzedonia che garantirà 300 occupati.

Sin dall’inizio della mia missione ho deciso di dedicare particolare attenzione all’assistenza alle imprese italiane e al sostegno all’internazionalizzazione. Per ottenere risultati concreti in questo ambito, è necessario presentare in modo chiaro e realistico il potenziale di un Paese dal punto di vista economico. In Serbia il costo dei fattori produttivi è relativamente più basso che in altri Paesi europei – è vero –,  ma basare importanti scelte di investimento unicamente su questo aspetto sarebbe poco lungimirante. L’internazionalizzazione per avere successo deve guardare al medio-lungo periodo, deve cioè essere sostenibile. Il costo della manodopera o dell’energia possono variare, anche in brevissimo tempo, bisogna perciò guardare a fattori di maggior valore strategico. Nei numerosi incontri con le imprese italiane promossi dall’Ambasciata cerchiamo sempre di presentare la Serbia come un mercato in evoluzione, che offre numerose opportunità di sviluppo per le nostre aziende. Mi riferisco in particolare alla posizione geografica privilegiata, alla forte spinta innovativa e tecnologica presente nel Paese, alle qualità umane e professionali dei lavoratori serbi, alle prospettive di integrazione commerciale a livello regionale, ma anche e soprattutto nel quadro del mercato unico europeo. Si tratta quindi di effettuare un’opera di disseminazione presso la comunità imprenditoriale, già di per se’ più preparata e accorta di quanto non si voglia far credere, per contrastare letture semplicistiche e spesso fuorvianti.

 L’azione imprenditoriale italiana è spesso frutto di scelte individuali e si traduce in una presenza pulviscolare. Fare sistema, fare squadra è un appello costante quanto spesso inevaso che si sente nei più svariati contesti. In concreto, come ritiene si possa rendere più coesa la presenza italiana nel paese al fine di raggiungere maggiori risultati d’insieme?

L’intraprendenza e la creatività delle nostre aziende, in particolare delle PMI, sono caratteristiche che nella maggior parte dei casi avvantaggiano l’azione economica italiana all’estero. La capacità di scovare nicchie di mercato, di portare qualità nei processi produttivi e di integrarsi in territori che altri partner considerano “difficili”, sono elementi fondamentali, non solo per la crescita dell’export italiano, ma anche per l’impiantazione dei nostri investimenti diretti esteri. Le PMI rappresentano tradizionalmente il motore dell’economia italiana, il numero totale delle nostre aziende – e questo vale anche in Serbia –  è perciò più elevato se comparato a quello di altri Paesi, sebbene le dimensioni delle singole imprese siano mediamente più piccole. Questo non significa che le PMI non siano in grado di coordinarsi o agire in maniera sinergica. Il modello di sviluppo basato sui distretti industriali è la dimostrazione della capacità italiana di “fare sistema” e può senz’altro essere replicato in Serbia. E’ evidente che da parte delle istituzioni e degli enti italiani presenti nel Paese – in primis dall’Ambasciata – ci si attenda un impegno costante nel facilitare azioni comuni e iniziative volte a rafforzare la comunità imprenditoriale italiana nel suo insieme. Proprio per questo, sin dal mio arrivo a Belgrado, ho invitato tutti questi enti, a partire dall’Ufficio ICE, passando per la Camera di commercio mista e Confindustria Serbia ad essere propositivi e a sviluppare le proprie attività in un’ottica di cooperazione e scambio, sia nei confronti degli operatori italiani, sia nei rapporti con le Autorità serbe.

Al di là degli investimenti di varia natura, l’Italia resta una fucina di buone pratiche in campo amministrativo, culturale e sociale cui la Serbia guarda con grande attenzione, basti pensare all’impegno in Serbia dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del dottor Raffaele Cantone. In quali altri ambiti è stato attivato o lei intende promuovere questo trasferimento di buone pratiche dall’Italia verso la Serbia?

Il 16 gennaio si è tenuta la cerimonia di chiusura del progetto twinning tra Italia e Serbia dal tema “Prevenzione e lotta alla corruzione” cui ha partecipato anche il Presidente dell’Autorità anticorruzione italiana Raffaele Cantone (nella foto con la ministra della giustizia di Serbia Nela Kuburovic).

Sono molto soddisfatto dei risultati che abbiamo sin qui ottenuto in Serbia in campo economico, ma – come giustamente da Lei evidenziato –  il sostegno che l’Italia garantisce alla Serbia in ambito giuridico-amministrativo è altrettanto importante. Uno degli strumenti principali attraverso i quali il nostro Paese accompagna la Serbia nel processo di riforme in vista dell’adesione all’Unione Europea è quello dei gemellaggi amministrativi, finanziati dalla stessa UE, i cosiddetti twinning. Il progetto che ha visto coinvolte le Autorità anticorruzione dei nostri due Paesi, e che si è da poco concluso, ha permesso a Belgrado di avviare un fondamentale rafforzamento dell’azione pubblica nella lotta ai fenomeni corruttivi, che ora deve proseguire, anche in coordinamento con gli altri partner europei. Sono nel mentre iniziati i lavori di un altro importante gemellaggio per l’ulteriore sviluppo delle politiche di tutela della libera concorrenza in Serbia, grazie alla preziosa guida della nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’Italia lavora anche a stretto contatto con il Ministero dell’Agricoltura serbo, che ha sviluppato nel tempo un solido rapporto di collaborazione con il nostro MIPAAF e con il Ministero dell’Ambiente, recentemente istituito. Sul piano culturale, poi, le iniziative sono numerosissime, basta scorrere la lista degli eventi organizzati in occasione dell’anniversario dei 140 anni di relazioni diplomatiche bilaterali per avere un’idea dell’incredibile lavoro svolto dall’Italia nel settore della promozione della cultura.

Gli ultimi anni ci hanno mostrato che le semplici delocalizzazioni non portano grandi profitti e a volte possono rivelarsi persino fallimentari. Bisogna quindi puntare sulla condivisione del know-how, sulla ricerca e sulle nuove tecnologie, sullo sviluppo dei territori. Tutti fattori per i quali è necessario agire attraverso partenariati e progetti comuni.

Quali risultati intende raggiungere la sua missione rispetto all’estensione e alla qualità dell’internazionalizzazione delle imprese italiane in Serbia?

Il desiderio di ogni Ambasciatore è quello di contribuire al consolidamento dei rapporti bilaterali tra il proprio Paese e quello di accreditamento. In Serbia tale rafforzamento passa innanzitutto attraverso la maggiore integrazione delle economie dei nostri due Paesi. La Serbia non rappresenta solo un piccolo mercato del sud-est dell’Europa, ma un centro nevralgico per lo sviluppo economico di tutta la regione balcanica. Per questo, quando mi riferisco ad una maggiore integrazione penso, da una parte, al crescente interscambio della Serbia con il mercato unico europeo e dall’altra alla creazione di catene del valore comuni tra le aziende serbe e quelle italiane, come pure in generale tra quelle balcaniche ed europee. Si tratta di un fenomeno fondamentale per sviluppare una partnership economica matura e per garantire una crescita equilibrata sia in Italia che in Serbia. Gli ultimi anni ci hanno mostrato che le semplici delocalizzazioni non portano grandi profitti e a volte possono rivelarsi persino fallimentari. Bisogna quindi puntare sulla condivisione del know-how, sulla ricerca e sulle nuove tecnologie, sullo sviluppo dei territori. Tutti fattori per i quali è necessario agire attraverso partenariati e progetti comuni. Sono certo che la vicinanza, non solo geografica, tra l’Italia e la Serbia continuerà a fornire una solida base per nuovi investimenti. Le aziende che intendono affacciarsi su questo mercato possono contare sul pieno supporto dell’Ambasciata e di tutto il “Sistema Italia” in Serbia.

Carlo Lo Cascio nasce a Palermo nel 1963, dove si laurea in giurisprudenza nel 1988.

Entra in carriera diplomatica nel 1990, ed inizia il suo percorso professionale alla Farnesina presso la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo. Il suo primo incarico all’estero è come Secondo segretario commerciale, poi Primo segretario commerciale, a Bonn nel 1994. Nel 1997 diventa Primo segretario commerciale a Sarajevo, poi confermato nella stessa sede con funzioni di Consigliere nel 2001.Di rientro a Roma, dal 2001 presta servizio presso la Direzione Generale Affari Politici Multilaterali e Diritti Umani.Nel 2005 prosegue la sua carriera professionale all’estero in qualità di Primo Consigliere all’Ambasciata a Belgrado. Nel 2008 assume le funzioni di Ambasciatore a Maputo, accreditato anche a Mbabane, Swaziland.Dal 2012, rientrato alla Farnesina, è alle dirette dipendenze del Direttore Generale per la Mondializzazione e le Questioni globali e in seguito Coordinatore per i rapporti UE – Africa sub sahariana, mentre dal 2013 è Capo dell’Unità per i Paesi dei Balcani, InCE e IAI. Nel 2014 assume le funzioni di Vice Direttore Generale per l’Unione Europea e Direttore Centrale per i Paesi europei. Dal 2015 è anche Vicario del Direttore Generale per l’Unione Europea.

L’Ambasciatore Lo Cascio è stato insignito del titolo di Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica nel 2007.

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