L’anno scorso, per la prima volta in dieci anni, il settore bancario serbo ha registrato, nel suo complesso, perdite equivalenti a 18 milioni di euro. Mentre i banchieri lo ritengono un dato allarmante, poiché il problema deriva dalle imprese che sono altamente indebitate e ripagano con difficoltà i prestiti, gli imprenditori dal canto loro accusano i banchieri di tenere i tassi di interesse troppo alti.
La Universal Banka e altre 14 hanno concluso il 2013 con i conti in rosso e questi dati hanno fatto in modo che l’intero comparto finisse l’anno con il segno negativo dopo dieci anni. L’Associazione delle Banche di Serbia non ha menzionato tutte le banche in perdita, ma tra le motivazioni di tale andamento ha citato il ridotto ricorso al credito e un incremento dei ritardi nel pagamento delle rate dei prestiti in corso. “Le banche hanno molte fonti di finanziamento ma mancano coloro cui proporre i propri finanziamenti”, afferma Dragoljub Dugalic, presidente dell’associazione bancaria, secondo il quale questa situazione è positiva per i clienti, che hanno disponibili in ogni momento le somme depositate, ma non per le banche che hanno “congelata” una gran massa di denaro.
I banchieri affermano di non aver clienti cui approvare nuovi crediti, poiché già adesso un prestito su tre soffre di ritardi nel pagamento delle rate. Gli imprenditori e i cittadini affermano che non possono accendere nuovi prestiti perché i tassi di interese applicati sono troppo alti. In questo modo si crea un circolo vizioso. “Si tratta davvero di un circolo vizioso. Le banche hanno fonti di finanziamento troppo onerose. In questo modo impongono condizioni che rendono impossibili i prestiti perché non vi sono attività imprenditoriali tanto redditizie capaci di ripagare tali tassi di interesse”, commenta Ismail Musabegović dell’Accademia Bancaria di Belgrado.
A fine gennaio il debito medio dei cittadini serbi verso le banche ammontava a 834 euro, di cui 751 euro relativi a prestiti.
Si ritiene che la soluzione possa trovarsi in qualche misura di politica fiscale e monetaria. ma per aiutare davvero l’economia tali misure dovrebbero essere semplici e veloci. “I nostri modelli ci dicono che se si creasse un’area di non imposizione fiscale entro i 22,000 dinari netto di salario, ovvero il salario netto minimo, si otterrebbe un aumento dell’occupazione nel settore manifatturiero e delle piccole e medie imprese”, dice Milan Blagojevic del NALED.
(RTS; 20.04.2014)