Il record negativo della Serbia per i prezzi del cibo: perché un paese tra i maggiori produttori di derrate agricole dell’Europa sud orientale non riesce a contenere l’inflazione

di Snežana Rakić

L’attore comico americano Will Rogers una volta affermò che “l’unica cosa su cui investire è l’inflazione, che di certo crescerà”. 

Gli economisti dichiarano che l’inflazione è l’indice più ovvio di cattiva gestione di un paese e se si valuta la corsa dei prezzi dei generi alimentari in Serbia, che alimenta la costante crescita dell’inflazione registrata da oltre un anno a questa parte, allora la nostra nazione è davvero gestita male. La Serbia vanta ancora una volta un record negativo in quanto al secondo posto tra i paesi europei per il costo dei generi alimentari, con al primo posto la Turchia che registra un +74,3% che la mette in una categoria a parte.  La Serbia dunque è formalmente seconda con un +17,9% e la vicina Ungheria al terzo posto con una crescita dei prezzi alimentari del 17,1% (Dati Eurostat per il 2023).Nel nostro PNel nostro paese i prezzi del latte, del formaggio e delle uova sono aumentati addirittura del 43,3%, mentre i prezzi della maggior parte dei prodotti alimentari sono aumentati di oltre il 20% su base annua. In dodici mesi i prezzi di carne, olio e grassi sono aumentati del 21%, della frutta del 20,2%, e della verdura del 18,4%.

Le ragioni dell’esuberante dinamica dei prodotti alimentari in Serbia sono molte e varie: dal conflitto in corso in Ucraina che ha rovinato l’equilibrio tra i prezzi delle materie prime e l’offerta nel mercato agricolo europeo considerando che l’Ucraina è o era il principale produttore europeo di numerose materie prime tra cui olio di girasole e sementi, grano in inverno e orzo in estate, fino alle condizioni climatiche e ai margini di vendita al dettaglio estremamente elevati sui generi alimentari di base (latte e latticini, carne, ecc.).

C’è anche il problema dell’agricoltura mal gestita, della negligenza decennale nei confronti degli agricoltori del paese, dei bassi prezzi di acquisto di cereali e latte e delle fluttuazioni dei prezzi del diesel (un carburante che alimenta le macchine agricole) che, dopo un recente aumento delle accise, ha raggiunto il prezzo più alto mai registrato nella storia: 211 dinari al litro. Per fare un confronto, il prezzo di un litro di gasolio in Serbia è più alto che in Germania, ma è assolutamente inutile confrontare il potere d’acquisto di un cittadino tedesco con il potere d’acquisto di un serbo.

Ad esempio, il paniere medio dei consumatori in Serbia costa circa 99.000 dinari, mentre il salario netto medio era di circa 83.000 dinari (se dovessimo credere alle statistiche statali), sebbene il salario medio, cioè lo stipendio percepito da circa il 50% della popolazione attiva è di circa 65.000. Il valore minimo del paniere alimentare dei consumatori è di 52.000 dinari.

Proteste degli allevatori contro il basso prezzo di vendita del loro latte. Gli agricoltori serbi stanno ora lottando per coprire i costi di base, dato che i prezzi di acquisto del grano e del mais in Serbia sono significativamente più bassi di quelli della borsa di Budapest. In Serbia il mais viene venduto a 25 dinari al chilogrammo e il grano a 16 dinari, mentre alla Borsa di Budapest i loro prezzi sono rispettivamente 27 e 20 dinari al chilogrammo. “Il mercato serbo è chiuso. Qualcuno ricava un enorme profitto dalla differenza dei prezzi di produzione/acquisto, mentre gli agricoltori non riescono a coprire i costi di produzione di base”, ha detto recentemente il presidente dell’Associazione delle associazioni dei contadini del Banato, Dragan Kleut.

La maggior parte degli agricoltori ritiene che gli impianti di trasformazione e i rivenditori ricevano la maggior parte dei soldi dai margini e questa è la vera ragione dei prezzi elevati che abbiamo oggi.

La maggior parte degli economisti attribuisce l’aumento dei prezzi alimentari non agli eventi attuali (come il conflitto in Ucraina o la crescente inflazione globale), ma piuttosto al fatto che, negli ultimi dieci anni, la Serbia ha attuato una politica agricola alquanto pessima. C’è anche una marcata mancanza di concorrenza nel mercato alimentare, con la situazione peggiore nel mercato dei prodotti lattiero-casearia, con la Serbia, una volta uno dei maggiori produttori di latte dell’Europa sudorientale, ora costretta ad importare latte.

Solo nel primo trimestre di quest’anno la Serbia ha importato più latte di quanto ne ha esportato: 4.000 tonnellate di sbilancio. Il paese importa principalmente latte da Polonia, Bosnia ed Erzegovina, Francia, Danimarca e Croazia. “È ovvio che ciò è accaduto a causa dell’inadeguata politica zootecnica e dei problemi legati al prezzo di acquisto del latte. Il Ministero dell’Agricoltura dovrebbe stabilire premi più alti per il latte e incentivi per lo sviluppo dell’allevamento del bestiame, perché la Serbia ormai da anni ha una tendenza costantemente al ribasso”, sottolinea l’economista Saša Đogović.

Parlando dei paesi della regione che non sono membri dell’UE, Goran Radosavljević, ex segretario di stato presso il Ministero delle finanze e ora professore alla facoltà FEFA, afferma che le differenze tra i nostri paesi e quelli della regione non sono grandi e che è logico che un paese come il Montenegro, ad esempio, registra prezzi alimentari elevati, considerando che importa quasi il 100% dei prodotti agricoli. “Al contrario, in Serbia, che è un Paese prevalentemente agricolo, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari mostra certe instabilità che hanno poco a che fare con l’inflazione importata. Il governo serbo dice che non è così perché deve convincere i suoi elettori che vivono in un Eldorado, ma la verità è che vivono nel quarto paese più povero d’Europa”, ha aggiunto il professor Radosavljević.

Oltre al governo, anche la Banca nazionale serba è si mostra ottimista rispetto alle previsioni sull’inflazione e ha annunciato che entro la fine dell’anno l’inflazione dovrebbe essere dimezzata.

“I prezzi non torneranno mai alla normalità. Rimarranno sempre così. L’aumento dei prezzi è permanente, anche se la crescita tendenziale è in calo. Non torneranno mai al livello (pre-pandemico) e il salario medio non sarà mai in grado di tenere il passo con l’aumento dei prezzi. Questo è probabilmente il motivo per cui il governo e la NBS sono stati così irremovibili nel convincere il pubblico che le cose non vanno poi così male. La realtà è che le cose vanno catastroficamente male, con i prezzi dei prodotti alimentari ben al di sopra e i salari ben al di sotto della media europea. Questo è un problema fondamentale, che esercita la pressione maggiore sui cittadini della classe media e su quelli sull’orlo della povertà”, ha aggiunto il professor Radosavljević.

La Legge di Engel

C’è un’altra cosa da considerare quando si parla di inflazione: un fattore che gli economisti chiamano Legge di Engel,  una teoria economica formulata nel 1857 da Ernst Engel, uno statistico tedesco. Essa afferma che la percentuale di reddito destinata agli acquisti alimentari diminuisce all’aumentare del reddito di una famiglia, mentre aumenta la percentuale spesa per altre cose (come l’istruzione e le attività ricreative). Oppure “più una famiglia è povera, maggiore è la percentuale della sua spesa totale che deve essere destinata all’approvvigionamento alimentare”.

In termini più semplici, una volta che le famiglie hanno soddisfatto i propri bisogni alimentari, hanno soldi da spendere per altre cose, alcune delle quali (l’istruzione, ad esempio) possono portare a una sicurezza finanziaria e a un benessere ancora maggiori. L’ultima ricerca (condotta nell’aprile 2022) mostra che in Serbia, in media, più di un terzo del budget mensile familiare viene speso in cibo e bevande analcoliche, esattamente il 34,3%, con dati che variano nelle diverse parti della Serbia: a Belgrado, il cibo rappresenta il 32% dei costi, nel resto della Serbia circa il 35%. In altre parole, i prezzi crescenti dei prodotti alimentari in Serbia influiscono sul bilancio familiare medio in modo molto peggiore rispetto a quello di una famiglia tedesca o francese. Inoltre, gli ultimi risultati indicano che il tasso di povertà assoluta in Serbia nel 2022 è aumentato al 12,3% per l’intera popolazione, e una tendenza simile è stata registrata per la popolazione di età superiore ai 65 anni e si attesta al 10,3%, in aumento rispetto al 2020, quando era del 6,8%.

Ultimo ma non meno importante: l’avidità aziendale

La maggior parte degli economisti concorda sul fatto che quando si parla di inflazione e prezzi in continua crescita non bisogna dimenticare quella che viene chiamata avidità aziendale, vale a dire il fatto che alcune grandi e potenti aziende utilizzano l’inflazione attuale come scusa per aumentare i prezzi anche quando non ce n’è una reale necessità. .

La situazione in Serbia potrebbe, tra le altre cose, essere una conseguenza del comportamento delle potenti aziende che partecipano alla catena di approvvigionamento alimentare – dai produttori, agli importatori e ai centri di logistica fino ai distributori e rivenditori. E questo non è endemico solo in Serbia.

I principali fattori dietro la crescita dell'inflazione in Europa secondo il BEUC. Il BEUC, un’organizzazione ombrello con sede nell’UE che riunisce 45 associazioni indipendenti di consumatori provenienti da 31 paesi, ha invitato le commissioni antimonopolio ad agire contro l’evidente avidità dei produttori, dei rivenditori e dei cartelli alimentari. Nel suo rapporto, il BEUC afferma: “Gli esperti, tra cui il capo economista di UBS Paul Donovan, temono che alcune aziende possano aver tratto vantaggio ingiusto dall’aumento dell’inflazione per aumentare i margini di profitto, spingendo al rialzo i prezzi al dettaglio più di qualsiasi aumento dei propri costi, forse per sfruttare le aspettative dei consumatori riguardo all’aumento dei prezzi. Infatti, proprio il mese scorso il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato dati che confermano che l’aumento dei profitti aziendali è stato il principale fattore che ha contribuito all’inflazione negli ultimi due anni, con le aziende che hanno spinto al rialzo i prezzi più dell’aumento dei costi dell’energia”.

Gli economisti in Serbia affermano che, per contrastare l’avidità delle imprese, lo Stato dovrebbe aumentare il proprio ruolo di regolamentazione per migliorare la qualità della struttura del mercato e limitare/prevenire possibili comportamenti monopolistici/di cartello, che, a loro volta, dovrebbero garantire la disponibilità di cibo a prezzi accessibili.

La volontà del governo serbo di contrastare le grandi aziende e indagare in merito al loro comportamento monopolistico è un fallimento ben documentato, quindi per il momento, o almeno fino a quando il governo non cambierà, non dovremmo trattenere il fiato aspettando che le autorità intervengano per contenere gli extra profitti delle imprese.

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