Uno degli obiettivi più dificili, banco di prova per l’impegno riformatore del governo, è riuscire a completare entro il 30 giugno la ristrutturazione di 153 imprese pubbliche.
Dopo un po’ di anni nel 2013 il numero di imprese in ristrutturazione è calato e 27 imprese di proprietà collettiva che non hanno avuto alcuna opportunità di mercato sono state indirizzate verso la bancarotta, ma i loro impiegati si sono viste riconosciute le liquidazioni. Tuttavia il fato di altre 153 imprese pubbliche è ancora sconosciuto e uno delle sfide più complesse per il governo sarà quello di definire il loro destino entro il 30 giugno di quest’anno.
Quando un’azienda viene messa in ristrutturazione è perché essa non riesce ad operare in condizioni di mercato: non paga le fatture, lo Stato al protegge e i creditori non possono fare nulla. Questo status può essere utilizzato per poco tempo, fino a quando l’azienda non si riprende. E invece per molte realtà questa è diventata la condizione permanente. “Bisogna mettere una fine a questa storia che dura un decennio” – ha dichiarato il ministro dell’economia Sasa Radulovic: “Se come ministro non riuscirò a mettere in pratica il piano per fare uscire queste imprese dalla fase di ristrutturazione mi dimetterò” ha promesso.
Il piano del ministro è quello di fare prima una lista di tutti i beni e i debiti dell’impresa, quindi lo Stato riscuote da essa i suoi crediti, le garantisce per un’uica volta il capitale circolante per farla operare e infine la mette in vendita. “Innanzitutto le leggi relative devono passare l’esame parlamentare e questo è un passaggio chiave per capire se esiste la volontà di affrontare riforme pesanti”, ha detto il ministro Radulovic, secondo il quale la legge prevede la soppressione dei comitati di supervisione e la nomina di manager per la privatizzazione per cui i partiti non potranno più condizionare i dirigenti. Le imprese che entro l’estate non inizieranno a operare in via ordinaria o non troveranno un compratore verranno chiuse.
“Non consentiremo che queste imprese chiudano mentre la seconda ipotesi, ovvero privatizzarle in sei mesi, è del tutto irrealistica”, dichiara Ljubisa Orlovic dell’Unione dei sindacati indipendenti di Serbia, secondo il quale queste imprese dovrebbero prima essere portate a operare in utile e poi privatizzate, ma su tempi più lunghi non in sei mesi.
Le imprese in ristrutturazione sono uno dei più grossi problemi dell’economia serba e gli esperti ritengono che è importante che il governo affronti il tema. “Facile a dirsi, ma gran parte delle imprese andrà in bancarotta e molte migliaia di persone perderanno il lavoro ma è una inevitabile presa d’atto dello stato delle cose” dichiara Vladimir Vuckovic, componente del Consiglio Fiscale, il quale valuta in circa 100,000 le persone oggi impiegate nelle imprese in ristrutturazione di cui molte decine di migliaia a rischio disoccupazione. “La legge di bilancio ha stanziato 20 miliardi di dinari per pagare le liquidazioni a 20-30,000 lavoratori, il numero più realistico per quest’anno”, aggiunge Vuckovic.
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha dato alla Serbia l’estate come scadenza per risolvere la questione. Lo stesso FMI calcola che le imprese in ristrutturazione costano in media al paese circa 750 milioni di dollari.
(RTS, 05.01.2013)