Grazie al calo dei prezzi del petrolio crudo sul mercato mondiale negli ultimi due anni, la Serbia ha speso molto meno in valuta estera per l’acquisto di questo combustibile. Il prezzo del petrolio è significativamente inferiore rispetto a 2014 dove nel mese di giugno, un barile costava circa 110 dollari. Fino a ora il prezzo del petrolio è quasi costantemente in declino, ed è attualmente circa 30 dollari al barilei, ovvero più di tre volte in meno rispetto a giugno del 2014.
L’anno sorso per l’acquisto di petrolio crudo per i bisogni del mercato domestico sono stati spesi il 40% meno soldi che nel 2015.
In effetti, il mercato nazionale importa annualmente circa 1.860.000 tonnellate di petrolio crudo, pari a circa 13.500.000 milioni di barili. Con il prezzo medio del perolio crudo tipo “Brent” di 54 USD nel 2015 per il suo acquisto sul mercato mondiale erano neccessari circa 733,2 milioni di dollari, mentre un anno prima, lo stesso costava circa 1,3 miliardi di dollari tenendo conto che il prezzo medio di “brrent” era circa 98,5 USD al barile.
Secondo Tomislav Mićovic, il segretario dell’Associazione delle compagnie petrolifere della Serbia, il calo dei prezzi del petrolio crudo sul mercato mondiale ha indubbiamente portato ad una riduzione del deflusso di valuta estera per la Serbia.
Oltre al petrolio crudo, sul mercato nazionale sono importati i derivati. Le importazioni ogni anno amontano a circa 300.000 tonnellate di benzina, gasolio e gas di petrolio liquefatto. Il loro prezzo è in linea con il calo dei prezzi del petrolio scivolato verso il basso in modo che anche per le importazioni dei derivati si è speso meno in valuta estera che nel 2014.
“L’impatto della caduta dei prezzi del petrolio sul settore petrolifero è diverso perché, per mancanza di soldi, vengono ridotti gli investimenti in esplorazione di petrolio e la sua produzione”, ha detto Micovic. Secondo lui, il prezzo corrente del petrolio è più facilmente affrontato dai produttori nei paesi in cui la produzione è più economica, più accessibile e lo sfruttamento è più redditizio, che sono in primo luogo quelli del Medio Oriente, l’Iran e la Russia.
“Naturalmente, tutti hanno un limite fino al quale la produzione del olio rimane economica, ed è il più basso in Medio Oriente. Se si continua un tale periodo di bassi prezzi del petrolio, fra dieci anni vi potrebbe essere un problema di mancanza di queste materia prima”, viene detto da Micovic.
(Ekapija, 11.02.2016)