“Il governo serbo dovrebbe questo mese chiarire la sua posizione in merito al proposta di programma contro la corruzione presentata dal NALED (National Alliance for Local Economic Development) la quale prevede il coinvolgimento tanto dello Stato quanto dei cittadini”, ha dichiarato il presidente del consiglio di amministrazione di questa organizzazione Vladan Atanasievic.
“Abbiamo completato il programma di lotta all’economia nera, che è stato presentato il 28 maggio davanti all’organo di coordinamento per la lotta contro l’economia sommersa e abbiamo ricevuto una valutazione positiva dal vice primo ministro Kori Udovicki. Sta ora al governo accettarlo, e questo lo vedremo presto, così che già a giugno possa essere messo in pratica”, ha detto Atanasijevic al portale EurActiv Srbija, al quale ha comunicato che le dimensioni di tale economia sono molto grandi in Serbia e oscillano, a secondo delle metodologie di analisi, tra il 20 e il 30% del Pil nazionale.
il NALED ha proposto che l’amministrazione fiscale stili una lista di imprese che pagano con puntualità i loro obblighi e che o Stato dia la precedenza ad esse quando deve affidare lavori o incarichi ad evidenza pubblica. “Questo già esiste – specifica Atanasijevic – ovvero non si può partecipare ai tender se non si è in regola con tutti i pagamenti fiscali, ma gli imprenditori trovano sempre un modo per scavalcare questo obbligo”. Atanasijevic informa che la proposta del NALED è quella di introdurre i registratori di cassa online al fine di fare un’analisi del rischio e consentire controlli più agevoli da parte degli ispettori fiscali.
Per i cittadini serbi si prevedono anche corsi e attività di sensibilizzazione, oltre all’attivazione di un numero verde dove segnalare le irregolarità e grazie al quale ricevere una risposta entro le 48 ore. “Le ricerche del NALED evidenziano che i cittadini e le imprese non collaborano nella lotta all’economia sommersa. I dipendenti non denunciano le irregolarità dei datori di lavoro per paura di essere licenziati nel 60% dei casi. Nel 56% dei casi gli imprenditori non denuncerebbero l’economia sommersa e in gran parte dei casi perché non ritengono sia affare loro e comunque non hanno fiducia che le condotte irregolari vengano sanzionate”, ha concluso Atanasijevic.
(Blic, 04.06.2015)