L’avanzata della Cina nei Balcani: la politica di Xi Jinping e il ruolo della Serbia

Quando il Presidente cinese Xi Jinping ha scelto una città industriale sul Danubio per annunciare che la Serbia è al centro del piano infrastrutturale dell’importo di 900 miliardi dollari “One Belt, One Road” (“la Nuova via della Seta”), si è prodotto in un’audace constatazione del fatto che il suo paese si era aperto un varco nel fianco dell’Europa sudorientale.

In piedi di fronte allo stabilimento di produzione dell’acciaio risalente all’epoca comunista e sito a Smederevo, a circa 28 miglia a est di Belgrado, la capitale, Xi Jinping ha promesso, lo scorso anno, che avrebbe investito in strade e ferrovie per creare un corridoio di trasporto per consentire il flusso delle merci cinesi verso i mercati dell’Europa occidentale.

Battezzato come la “Nuova Via della Seta”, il percorso dovrebbe snodarsi dalla Cina alla Germania, attraverso il porto del Pireo in Grecia, passando per i Balcani.

La decisione di Xi Jinping di celebrare la sua politica in Serbia, uno dei paesi più poveri d’Europa, è stata una mossa astuta che ha posto l’iniziativa in rotta di collisione con i progetti dell’Unione europea nella regione.

La sua strategia ha anche sfruttato i difficili rapporti tra l’Unione europea ed i paesi dei Balcani occidentali che tentano di aderire al blocco, e ha evidenziato che, nel momento in cui gli Stati Uniti appaiono ritirarsi dalla scena mondiale, la Cina punta ad espandere la sua influenza proprio nel cuore dell’Europa.

Durante la visita di stato, Xi Jinping ha dichiarato che la Cina creerà più posti di lavoro, migliorando gli standard di vita e dando uno stimolo alla crescita economica del paese. Ancora più importante, aprendo la sua economia alla Cina, la Serbia ha cementato il sostegno di Pechino contro la pressione dell’Unione europea a riconoscere l’indipendenza del Kosovo.

“Non sarebbe immodesto o sbagliato affermare che la Serbia è il principale partner della Cina in Europa”, ha dichiarato la Ministra serba per le Costruzioni, trasporti e infrastrutture, Zorana Mihajlovic, commentando le aperture di Xi Jinping.

Alcuni in Cina hanno messo in discussione la fattiblità economica della frenesia di investimenti di Pechino. E al di fuori del paese altri temono che le ambizioni della Cina contirbuiscano a preservare il potere dei leader autoritari di paesi come la Serbia, lasciando le nazioni affondare nel debito e impantanate in progetti difettosi in ambito ambientale.

Ma le parole di Xi Jinping hanno risparmiato 5.200 posti di lavoro a Smederevo, una città di 100.000 abitanti che è stata dipendente dall’industria dell’acciaio per decenni. Il gruppo HBIS, di proprietà statale della Cina, ha acquistato lo stabilimento, l’unico in Serbia, per 46 milioni di euro, o quasi 55 milioni di dollari ai tassi di cambio attuali. Il suo proprietario precedente, USA Steel, lo aveva venduto al governo serbo nel 2012 per il valore simbolico di un dollaro.

“Vogliamo creare una situazione vantaggiosa per tutti”, ha dichiarato Xi Jinping, poco dopo la vendita.

Ora, le ambizioni della Cina nella regione dei Balcani hanno creato un potenziale scontro con i piani dell’Unione europea, con paesi, come la Serbia, che si stanno posizionando al centro.

Mile Gujanicic, un operaio delle acciaierie e leader del sindacato, è uno di quelli che sperano che la Cina compia i suoi piani per Smederevo: vi ha lavorato per 40 anni e ammette di essersi abituato ai modi degli americani, che lui chiama “l’aristocrazia del mondo industriale”.

“Per tutta la vita mi è stato detto che il capitalismo, specialmente il tipo americano, non era positivo”, racconta il signor Gujanicic, 63 anni. “Ma noi lavoratori siamo stati apprezzati, pagati e rispettati quando gli americani hanno gestito questo posto”.

L’approccio cinese alla gestione delle acciaierie, spiega, è nettamente diverso. Finora i nuovi proprietari hanno fatto fede al loro impegno di mantenere i loro posti di lavoro. Ma nessuna delle promesse che Xi Jinping ha fatto durante la sua visita sono stati mantenute.

 

I contratti dei lavoratori sono celati dal segreto, gli standard di sicurezza sono diminuiti, la manutenzione è minima e non esiste alcun contatto tra i proprietari e i dipendenti. L’erosione dei diritti dei lavoratori e la disattenzione dei datori di lavoro riguardo le leggi sul lavoro sono preoccupanti, afferma.

L’ambizioso Presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha abbracciato la visione di Xi. Vucic è stato eletto a maggio dichiarando come suo obiettivo principale quello di avvicinare la nazione slava, di sette milioni di persone, all’Occidente.

Ha promesso di trasformare un paese che una volta era parte della comunista Jugoslavia in una meta interessante per gli investimenti stranieri, dopo anni di sanzioni internazionali per il ruolo svolto della Serbia nelle guerre balcaniche negli anni ’90.

Mentre la Cina mette gli occhi sulla regione, l’Unione europea è ancora la forza più potente, e i progetti del blocco stanno aumentando. Gli stili dei due poteri non potrebbero essere più diversi.

Ad esempio, per evitare un nuovo conflitto nei Balcani, gli europei hanno elaborato un piano nel 2014 per collegare due vecchi nemici come Serbia e Albania con nuove autostrade e linee ferroviarie, al fine di rendere più veloci viaggi accelerare e flusso di beni.

L’iniziativa, nota come il Processo di Berlino, e sostenuta dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, fa parte di un più ampio piano di integrazione europea pensato per i paesi balcanici. Il piano mira ad allineare le legislazioni nazionali in materia di trasporti con quelle dell’Unione europea e a rafforzare la cooperazione attraverso i controversi confini dei Balcani.

Nel corso dell’ultimo vertice regionale, tenutosi nel mese di luglio a Trieste, Italia, i paesi partecipanti (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia, tutti aspiranti membri dell’Unione Europea) hanno anche accettato di creare una zona economica regionale come parte di uno sforzo per consolidare un mercato di 20 milioni di persone.

Ma i funzionari balcanici si sono lungamente lamentati del prolungato processo burocratico, che richiede fino a un anno, per ottenere fondi da Bruxelles. In modo cruciale, mentre il Presidente serbo ha abbracciato l’iniziativa, l’Albania e il Kosovo hanno riserve politiche, temendo che il progetto infrastrutturale e il mercato regionale comune diventino un’alternativa alla piena adesione all’Unione europea.

Nel caso della Serbia, i suoi patroni tradizionalmente più generosi, Russia e paesi membri dell’Unione europea come la Germania, hanno chiesto che Belgrado modifichi il proprio stile governativo in cambio di fondi.

Bruxelles ha stipulato una serie di trasformazioni giudiziarie, politiche ed economiche prima che Serbia possa aderire al blocco dei 28 membri. E la Russia, che cerca di mantenere la Serbia lontana dall’Occidente, ha promesso armi e energia a prezzi agevolati come deterrente contro le forze della NATO in Kosovo e Montenegro, che hanno aderito all’Alleanza nel mese di maggio.

La Russia controlla inoltre una buona parte del settore energetico della Serbia e ha esercitato un’influenza notevole sui leader di Belgrado che si sono avvicendati dopo la caduta di Slobodan Milosevic nel 2000.

Ora arriva la Cina, una relativa novità nella turbolenta regione dei Balcani, ad offrire contanti in cambio di quelle che sembra essere solo poche, ma importanti, clausole.

Per la Cina, l’attrazione verso la Serbia è evidente nei suoi sussidi statali elevati, negli standard ambientali più bassi e nella riduzione della pressione per la trasparenza nei rapporti commerciali. Ma la Serbia deve aderire al modello di sviluppo di stato promosso da Pechino.

Probabilmente anche la Serbia si ritroverà con debiti enormi. La maggior parte degli investimenti sono prestiti da banche cinesi, tipicamente da 20 a 30 anni, con un tasso di interesse del 2% al 2,5%. Finora la Cina ha prestato alla Serbia circa 5,5 miliardi di euro per la costruzione di ponti, autostrade e ferrovie.

La Cina sta anche versando denaro nei paesi confinanti, suscitando timori che la grande disponibilità di Pechino nei Balcani non riguardi solo gli affari, ma anche la geopolitica. Mihajlovic, Ministra delle Infrastrutture della Serbia, ha dichiarato senza mezzi termini che entrambi gli aspetti sono presenti, un segnale per i funzionari di Bruxelles che è giunto il momento perché il loro mal di testa balcanico si trasformi in un’emicrania.

Secondo le dichiarazioni di Mihajlovic, Pechino starebbe difendendo gli interessi della Serbia nel mondo, non riconoscendo tra l’altro quello che lei definisce “un’indipendenza dichiarata illegalmente”. Il riconoscendo della sovranità della provincia a maggioranza albanese rappresenta un requisito fondamentale per l’adesione di Belgrado all’Unione Europea.

Altrove nella penisola balcanica, la Cina ha prestato al Montenegro centinaia di milioni di dollari e migliaia di suoi lavoratori per costruire un’autostrada strategica, ma costosa, tra Belgrado e il porto di Bar, in Montenegro, sul mare Adriatico.

La Cina ha sperimentato dapprima il suo modello di costruzione in Serbia nel 2010, quando ha portato centinaia di lavoratori del contraente statale China Road e Bridge Corporation per costruire un ponte di un miglio di lunghezza sul Danubio.

Nel 2014, il premier Li Keqiang ha inaugurato il ponte, del costo di 170 milioni di euro, costruito grazie ad un prestito dalla Export-Import Bank of China e rinominato in onore dello scienziato serbo Mihajlo Pupin.

Un’altra importante opera infrastrutturale è il collegamento ferroviario ad alta velocità progettato per collegare Belgrado e Budapest. Il collegamento, lungo 217 miglia, includerà una pista cargo lungo la vecchia linea di passeggeri su cui una volta viaggiavano i treni immortalati nel romanzo di Agatha Christie “Assassinio sull’Orient Express”.

Ma alcuni paesi europei vedono con scetticismo il ruolo di leadership della Cina nel processo di integrazione economica nel loro cortile di casa, temendo che nuove norme dell’iniziativa “One Belt, One Road”, insieme con i vecchi valori guida dei Balcani, entrino in rotta di collisione con quelli dell’Unione europea, secondo Michal Makocki, esperto delle relazioni tra Europa e Cina.

“I corridoi economici e i progetti infrastrutturali cinesi si allineano con le preferenze della Cina per decisioni statali piuttosto che su quelle basate sul mercato, con la politicizzazione degli investimenti, delle sovvenzioni e delle decisioni contrattuali, rifiutando il modello delle procedure di offerta aperte e trasparenti dell’Unione europea”, ha scritto Makocki in un documento per il Consiglio europeo sulle relazioni estere.

Gujanicic, leader sindacale di Smederevo, afferma che la leadership della Serbia ha demolito le leggi sul lavoro in cambio di investimenti esteri.”Non posso dire di capire il comunismo cinese, ma quello che fanno qui ci sta distruggendo”, ha dichiarato Gujanicic dei leader serbi.

“Stanno raccogliendo punti per le prossime elezioni con i soldi degli altri. Tutto quello cui sono interessati è rimanere al potere grazie al nostro duro lavoro”.

(The New York Times, 09.09.2017)

https://www.nytimes.com/2017/09/09/world/europe/china-serbia-european-union.html

foto di copertina: Darko Vojinovic/Associated Press

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