Al convegno internazionale “Le guerre balcaniche sotto la luce della geopolitica del 21esimo secolo” l’ambasciatore russo Aleksandar Cepurin ha affermato che la situazione nei Balcani è ancora contraddittoria e ancora capace di innescare un conflitto. “Abbiamo bisogno di stringere i ranghi e trovare una soluzione politica nell’interesse dei nostri paesi. La Serbia deve affrontare scelte chiare e deve trovare soluzioni che soddisfino la maggioranza dei serbi”, ha detto Cepurin.
L’ambasciata della Federazione Russa a Belgrado ha smentito che Cepurin si riferisse alla situazione attuale quando ha dichiarato nel corso del convegno che la situazione dei confini nella regione è ancora non definita, attribuendo l’equivoco a una decontestualizzazione ed escludendo che l’ambasciatore appoggi un cambiamento degli attuali confini.
“La storia è la base per la fede nella nostra cooperazione. I nostri paesi sono vecchi amici dal punto di vista geopolitico e questo legame risale al 17esimo e 18esimo secolo, quando la Russia ha sostenuto le lotte di liberazione dei popoli slavi dal dominio ottomano”. L’ambasciatore ha anche sottolineato come in Russia vi sia una distinzione tra filoccidentali e slavofili, rappresentati rispettivamente da scrittori come Ivan Turgenev e Fyodor Dostojevski. Cepurin ha ricordato come i due paesi sono stati alleati nelle due guerre mondiali, dove la Serbia ha fatto la scelta giusta dalla parte dei vincitori.
Commentando la controversa dichiarazione di Cepurin, un esperto del mondo russo e già diplomatico ha detto a Politika che la frase è stata tradotta correttamente e che probabilmente l’ambasciatore si rifaceva a questioni aperte quali la Bosnia. “E’ realistico pensare che si riferisse anche al Kosovo, poiché per Mosca il Kosovo rimane una questione aperta, dove vi è un potenziale conflitto. Ci sono anche altre questioni “nascoste”, quali la Macedonia. Possibile che si riferisse anche alla Vojvodina, dove a poco a poco stanno emergendo dei problemi”, dice la nostra fonte.
Dragan Simic, professore alla facoltà di Scienze Politiche, afferma che la dichiarazione è priva di uno scenario più ampio: “L’ambasciatore russo davvero pensa che i Balcani siano ancora a macchia di leopardo, una regione instabile? Dopo i turbolenti anni Novanta, nello scorso decennio abbiamo avuto una relativa calma. L’unico fattore, o stato, che potrebbe provare a cambiare i confini è Tirana o gli albanesi, con le loro aspirazioni sulla Macedonia occidentale, parte del Montenegro e della Grecia. Sono convinto che la comunità internazionale non consentirà a nessuno di avere queste aspirazioni, neanche agli albanesi. Non è un bene sminuire questo problema ma nemmeno ingigantirlo, dati gli interessi della comunità internazionale e degli Stati Uniti e dell’Unione Europea a stabilizzare l’area e a farla partecipare nel processo di integrazione europea”.
“La Russia durante gli anni Novanta ha quasi completamente abbandonato la regione mentre l’Occidente era molto attivo. Il rapporto si è rinforzato con l’arrivo al potere di Vladimir Putin. La Russia è più agile, netta e determinata su certe questioni internazionali ed è qualcosa prevedbilie. L’ordine mondiale è ancora guidato dagli Stati Uniti ma Russia e Cina crescono e le differenze rispetto a certi parametri si possono ridurre”, dichiara Simic.
Nenad Popovic, vice presidente del Partito Democratico di Serbia (DSS), contesta l’idea che l’azione della NATO e dell’UE abbia portato maggiore stabilità nella regione: “Al contrario queste organizzazioni hanno sostenuto la illegale secessione del Kosovo e contribuito all’ulteriore instabilità della regione. Il Kosovo oggi è uno stato fantoccio dove domina il traffico di droga, di persone e di organi. La stabilità della regione può venire dalla costruzione del gasdotto “South Stream” che rafforzerà l’interdipendenza di tutti i soggetti coinvolti nel progetto, riducendo le tensioni attorno a una delle maggiori sfide geopolitiche del secolo: la sicurezza energetica”
(Politika, 13.11.2013)