Botta e risposta tra DS e SNS sulle pensioni

La proposta di riforma del sistema pensionistico ha sollevato le critiche del maggior partito di opposizione, a cui ha subito risposto la formazione politica di Vucic.

Due giorni fa il Ministero del Lavoro ha reso nota la proposta di modifica della legge sul sistema previdenziale, in cui le condizioni per il pensionamento di donne e uomini dovrebbero essere equiparate entro il 2032, mentre il ritiro anticipato dal lavoro comporterebbe un forte ridimensionamento della pensione.

DS: “Governo incapace, pagheranno il conto i futuri pensionati”

Il DS ha fortemente criticato la manovra, sostenendo che essa dimostra l’incapacità del Governo, il quale “ha l’intenzione di far pagare il prezzo di tale incompetenza ai futuri pensionati”. Secondo il partito guidato da Pajtic, il sistema che disincentiva il prepensionamento esiste nei Paesi in cui la percentuale di disoccupazione è sotto il 5%, “ed è ridicolo attendersi di ottenere gli stessi risultati in Serbia, dove la disoccupazione cresce e i dati di aprile sono al 29,7%”: la conseguenza di una tale misura sarebbe dunque un ulteriore aumento della disoccupazione, soprattutto tra le donne, che già ora lavorano in percentuale minore rispetto agli uomini. Per il DS, l’unico modo per stabilizzare il sistema pensionistico e dare sicurezza ai futuri pensionati è quello di aumentare l’occupazione, introdurre migliori controlli dei pagamenti dei contributi e creare un più efficace sistema di amministrazione della previdenza, ma il Governo non ha né capacità né competenze per tale lavoro.

SNS: “L’irresponsabilità del DS la pagano già ora tutti i cittadini serbi”

Non si è fatta ovviamente attendere la replica del SNS. Il maggior partito dell’esecutivo ha – come per tutta la campagna elettorale – battuto sul tasto della corruzione e del nepotismo, sostenendo che durante gli anni di governo del DS la disoccupazione è aumentata dal 14,4 al 26,1% e 400.000 persone hanno perso il lavoro; inoltre, il partito di Pajtic avrebbe difeso i propri privilegi, gonfiando senza motivi razionali il settore pubblico, dando lavoro ai propri fedelissimi – ai quali avrebbe aumentato stipendi e pensioni – e causando così una crescita del debito pubblico, che è passato dal 43,2 al 62,5% del PIL.

(b92.net, 10.07.2014)

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