Belgrado-Pristina: tensione e retorica nazionalista al servizio della politica quotidiana

Per quanto riguarda il Kosovo, si tratta di campagna pre-elettorale, mentre per la Serbia una copertura per celare la pigrizia e gli errori commessi nella politica interna: queste sono, secondo l’analista, le ragioni principali alla base della crescente tensione e della pericolosa retorica nazionalista di Belgrado e Pristina.

Mentre il Consiglio di Sicurezza della Nazione Unita avverte che, in tale atmosfera, la fiducia necessaria per una ulteriore normalizzazione dei rapporti Belgrado-Pristina è stata interrotta, la tensione non sembra allentarsi. “Giocare con il nazionalismo è pericoloso, perché non sai mai quando il ratto scapperà dal laboratorio, per così dire”, afferma l’esperto di politica estera Bosko Jaksic. Inoltre, altri analisti politici, specialmente quelli che conservano un vivido ricordo degli anni ’90, hanno lanciato avvertimenti dello stesso tenore. Tuttavia, i funzionari in Serbia e nel Kosovo non reagiscono.

La retorica provocante e nazionalizzata, insieme alle accuse di detrimento della stabilità della regione, hanno segnato le relazioni Belgrado-Pristina nelle settimane precedenti la regolare riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dedicata alla situazione in Kosovo. Dell’avvertimento si è fatto portavoce anche il Capo dell’UNMIK in Kosovo, Zahir Tanin, durante il meeting a New York, affermando che “tale retorica e dichiarazioni possono produrre solo effetti indesiderati”.

“L’escalation della situazione è stata evitata grazie a diversi interventi diplomatici, ma la fiducia tra Pristina e Belgrado è stata compromessa da alcune dichiarazioni irresponsabili e infiammabili”, ha osservato Tanin citando le dichiarazioni dei politici albanesi e serbi negli ultimi mesi, responsabili di aver gettato benzina sul fuoco.

In primo luogo le dichiarazioni fatte dai presidenti di Albania e Kosovo, rispettivamente Edi Rama e Hashim Tachi, i quali hanno affermato che se non ci fosse futuro per questi due paesi nell’UE, ci sarebbe ancora la possibilità di riunire tutti gli albanesi in un unico stato. E poi è stata la volta di Belgrado, con i funzionari serbi ad accusare le loro controparti albanesi di condurre “una campagna organizzata per l’attuazione del progetto della Grande Albania, che costituisce una minaccia per la pace e la stabilità nella regione”.

Alla luce delle future elezioni parlamentari in Kosovo, dovremmo anche menzionare i messaggi provenienti dal leader dell’Alleanza per il futuro del Kosovo e candidato a primo ministro, Ramush Haradinaj, il quale ha dichiarato che “gli albanesi porteranno a termine autonomamente il lavoro se Bruxelles e Washington non riescono a risolvere le questioni riguardanti la Serbia e il Kosovo”.

“Ma le elezioni in Serbia sono finite, e devo dire che sono rimasto sorpreso di vedere come i funzionari serbi hanno reagito a queste affermazioni, consapevoli della loro utilità per mera promozione della politica interna”, ritiene Bosko Jaksic.

La reazione del Presidente serbo, Tomislav Nikolić, che ha definito Haradinaj “un cane che ha assaggiato la carne umana e ha dovuto essere punito per impedirgli di urlare come un cane folle”, è solo una delle molte esternate dai politici serbi in seguito al respingimento della richiesta di estradizione di Haradinaj in Serbia.

Sono seguite poi le dichiarazioni dell’ex capo della missione OSCE in Kosovo, William Walker, il quale ha parlato del progetto di unificazione albanese. Di conseguenza, il Ministro serbo della Giustizia, Nela Kuborovic, ha inviato una nota di protesta al Consiglio di sicurezza a causa delle dichiarazioni di Walker. E poi c’è stata una dichiarazione resa dall’ambasciatore del Kosovo all’ONU, Vlora Citaku, che ha affermato, nella stessa riunione del Consiglio di sicurezza, che “non esiste un Grande Kosovo o una Grande Albania, ma solo albanesi che vogliono diventare cittadini dell’UE”.

“Creare un caso dalle affermazioni fatte dal pensionato Walker o da quelle di Hardinaj, che sta combattendo per la sua posizione politica e per un posto al sole andando contro Thaci in Kosovo, o dalle affermazioni di Edi Rama che si trova di fronte al boicottaggio dell’opposizione del suo parlamento poco prima delle elezioni, ci danneggia perché allora veniamo avvertiti dal Consiglio di Sicurezza e da Bruxelles e ci viene richiesto di dare prova di buon senso e contenimento”, aggiunge Jaksic.

Anche i tabloid serbi (tra tutti Informer) hanno offerto il loro contributo nel montare i casi su cui la retorica nazionalista viene costruita, ad esempio diffondendo una notizia, mai stata convalidata o confermata, secondo cui le autorità serbe avrebbero bloccato armi destinate agli albanesi per compiere attacchi armati in Macedonia. Per non parlare dei titoli come “Stiamo uccidendo i bambini serbi” posto sopra le immagini dei membri dell’UFC, o le citazioni del Ministro dell’Interno serbo, Nebojsa Stefanovic: “gli albanesi non otterranno nemmeno un centimetro della terra serba”.

La comunità internazionale è ben consapevole delle ragioni che giustificano la tensione e tale retorica e, secondo Jaksic, tutto potrebbe essere risolto con qualche schiaffo sul polso da entrambe le parti. Tuttavia, se la tensione dovesse continuare ad essere alimentata, il dialogo imminente tra i leader balcanici a Bruxelles potrebbe essere in pericolo.

(Radio Free Europe, 17.05.2017)

https://www.slobodnaevropa.org/a/srbija-kosovo-odnosi-/28493815.html

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