Due attiviste, nate nello stesso anno e compagne di studi, rappresentano ora gli opposti dello spettro politico, riflettendo le profonde divisioni della Serbia in relazione ad adesione all’UE e alle relazioni con la Russia.
Milica Djurdjevic e Anita Mitic, 27 anni, sono due giovani attiviste di alto profilo della loro generazione, ma le loro convinzioni politiche sono agli antipodi.
Djurdjevic è ferocemente pro-Russia, mentre Mitic promuove risolutamente i valori dell’Unione europea. Si conoscono, ma, e forse non sorprende, non hanno contatti da un paio di anni.
Entrambe sono molto schiette su alcuni dei più importanti, e sensibili, problemi che deve affrontare la Serbia di oggi: lo status del Kosovo come paese indipendente, l’influenza russa e occidentale su Belgrado, l’adesione alla NATO e all’UE.
Sia Djurdjevic e Mitic si dicono convinte che i serbi debbano affrontare questi problemi a testa alta, per andare avanti. Questo le distingue, in un paese il dibattito che vede contrapposta l’adesione all’UE al rafforzamento dei legami con la Russia è ancora debole.
In parte ciò è determinato dalle politiche pubbliche del governo, intenzionato a mantenere relazioni diplomatiche con la Russia proseguendo nel contempo il percorso di adesione all’UE. La Serbia è uno dei pochi stati europei a non aver imposto sanzioni contro la Russia a causa dell’annessione della Crimea.
Questa mancanza di un’analisi significativa e di un dibattito sul delicato equilibrio Russia-Ovest della Serbia è evidente anche in parlamento e nei media locali, nonostante l’UE consideri i legami di Belgrado con la Russia come un ostacolo all’adesione.
Non c’è da stupirsi che Djurdjevic e Mitic abbiano quindi attirato l’attenzione.
Entrambe nate a Belgrado, le due attiviste si sono laureate presso la Facoltà di Scienze Politiche, Mitic nel 2013, e Djurdjevic nel 2015. Entrambe sostengono una posizione molto critica nei confronti dei politici tradizionali.
Valori progressisti contro patriottismo?
Djurdjevic è portavoce e membro del gruppo politico di estrema destra Zavetnici. Costituitosi nel 2012, il gruppo si oppone all’indipendenza del Kosovo dalla Serbia, all’adesione alla NATO e all’UE, e supporta il rafforzamento dei legami con la Russia.
Zavetnici sostiene anche l’unificazione della Serbia con la Repubblica serba di Bosnia, fortemente osteggiata dalla Bosnia e da gran parte della comunità internazionale. I membri del movimento definiscono “patriottiche” le loro politiche.
Mitic, d’altra parte, è direttrice dell’iniziativa Youth for Human Rights, rete di ONG che opera nelle ex repubbliche jugoslave.
Il gruppo è stato formato allo scopo di coinvolgere i giovani nel processo di democratizzazione e di transizione seguito al crollo del comunismo e alle guerre balcaniche degli anni 1990.
La rete condivide valori progressisti e cerca di affrontare i complessi problemi della fase post-conflitto, come crimini di guerra.
Così, mentre Djurdjevic contesta l’indipendenza del Kosovo, sostenendo che la regione rappresenta la culla della cultura e della civiltà serba, Mitic la rimprovera di perpetuare una pericolosa propaganda che potrebbe essere utilizzata per trascinare lo stato in guerra.
Allo stesso modo, Djurdjevic si oppone alla richiesta che Mitic ha rivolto al governo serbo di ammettere che il massacro di più di 7.000 bosniaci nel 1995 è stato un atto di genocidio.
Djurdjevic sostiene che questo non rientrebbe nell’interesse nazionale, e darebbe modo all’Occidente di stigmatizzare i serbi: “UE, Gran Bretagna e Stati Uniti vogliono mantenere i Balcani instabili e problematici, e puntano ad etichettare la Repubblica serba come genocida”.
Mitic ritiene che i serbi che hanno commesso crimini di guerra durante i conflitti che hanno segnato la caduta della Jugoslavia non dovrebbero essere celebrati: “Non credo in nessun reale progresso futuro, fin tanto che i criminali di guerra verranno presentati come eroi”.
Djurdjevic sostiene tuttavia che le vittime serbe del conflitto in Bosnia-Erzegovina sono state trascurate: “Ho fatto notare che, se si vuole commemorare le vittime della guerra, questo dovrebbe riguardare entrambe le parti”.
Entrambe intendono lanciarsi nella carriera politica in futuro, ma ritengono di essere troppo giovani per farlo ora.
Mentre Mitic e Djurdjevic rispecchiano la divisione politica del paese, è necessario sottolineare che il sentimento filo-russo sta guadagnando terreno.
Dato anni di crisi economica, non è forse sorprendente che un numero considerevole di giovani serbi appaiano sempre più stanchi di aspettare che l’adesione all’UE muti la loro sorte.
Secondo un sondaggio IPSOS che ha coinvolto 615 serbi, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, condotto nel febbraio 2016, il 77% degli intervistati accetterebbe il sistema politico russo e l’80% sosterrebbe la presenza di basi militari russe in Serbia.
Il dialogo “rafforzerebbe la democrazia”
Zoran Stojiljkovic, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche presso l’Università di Belgrado, è del parere che la società serba nel suo complesso non è riuscita ad individuare un terreno comune sulle questioni UE-Russia e Kosovo: “In Serbia tutti sono d’accordo sull’enorme bisogno di combattere la corruzione, ma una volta che si avvia la discussione su Kosovo, UE e Russia, i dibattiti (non ufficiali) non vedono una fine” .
Secondo Stojiljkovic, un dialogo tra le due attiviste potrebbe potenzialmente essere positivo per la società serba.
“Il confronto tra convinzioni di destra, che non promuovano il nazionalismo, il fascismo, o altri estremi e non giustifichino i crimini di guerra, con i valori e il liberalismo nel dialogo tra queste due signore potrebbe portare benefici alla democrazia in Serbia, soprattutto ora che l’offerta politica è completamente superficiale”, ha spiegato, aggiungendo che nessun politico di governo o dell’opposizione ha mai davvero avviato un dibattito serio sul tema dell’identità o su UE, la NATO e affari russi.
“I valori sono le questioni più controverse nella società serba. Sia Milica che Anita potrebbero rappresentare una voce femminile profonda in materia nella politica serba”.
Entrambe le giovani attiviste hanno rivelato a BIRN di essere disposte ad un incontro e a tenere un dibattito pubblico aperto sui problemi, ma resta da vedere se questo potrebbe portare ad una più ampia discussione su quale direzione il paese dovrebbe assumere in futuro.
(Natalia Zaba, Balkan Insight, 17.03.2017)
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