Se non ci fossero state le ultime proteste, il Presidente della Serbia non avrebbe visto nei suoi sondaggi di opinione quanto i cittadini siano arrabbiati e preoccupati per la legge sull’esproprio, e l’atto controverso sarebbe stato già implementato. Alla fine, senza stare a guardare al carattere delle proteste, Aleksandar Vučić ha rinunciato a firmare il decreto sulla promulgazione della legge.
Lo stesso ha annunciato che dei massimi esperti e alcune organizzazioni non governative saranno inclusi in un ampio dibattito pubblico, che può quindi durare fino a sei mesi, da finire subito dopo le elezioni. Un simile epilogo, ha detto a Danas Miodrag Jovanovic, professore alla Facoltà di Giurisprudenza di Belgrado, è stato preceduto da molta confusione che inizia sul sito web del parlamento serbo, dove l’atto non è né nelle “leggi approvate” né nelle “leggi in procedura”.
“Questa è una situazione del tutto anormale, dimostra che si gioca con il parlamento che secondo la Costituzione è l’organo supremo di questo Paese e in un certo senso fa capire simbolicamente dove si trova in senso politico questa legge, né in cielo né in terra. Ulteriore confusione è stata alimentata dalle dichiarazioni contraddittorie e ambigue del Presidente della Serbia, che può rilasciare dichiarazioni sulla legge, come qualsiasi altro cittadino, ma l’unica cosa concreta che può fare secondo la Costituzione è o non firmarla e restituirla all’Assemblea, o non sottoscriverla entro il termine entro il quale la legge verrebbe poi sottoposta al Presidente dell’Assemblea per la firma del decreto sul bando. È ovvio che il Presidente della Serbia ha deciso per la prima opzione, il che significa che la legge sarà rimandata all’Assemblea per una nuova votazione, e ci sono tutte le possibilità che non venga votata di nuovo perché la maggioranza assoluta, almeno 126 deputati, faranno sicuramente come dice loro il leader del partito”, spiega Jovanović, confermando che la legge controversa ha collegamenti diretti con il progetto “Rio Tinto”.
Sottolinea che è abbastanza plausibile pensare che il Presidente creda di non aver bisogno di questo pasticcio prima delle elezioni.
“Quando formeranno di nuovo la maggioranza alle elezioni, allora probabilmente avranno un argomento molto più forte per dire che la cosa faceva parte del loro programma, i cittadini hanno votato per loro e che continueranno quindi il loro lavoro. Fino ad allora, un’udienza pubblica può essere solo un modo per rimandare la decisione, ma la domanda è cosa significhi esattamente un’udienza pubblica. Alcuni dei miei colleghi della Facoltà di estrazione mineraria che hanno lavorato a un rapporto per la “Rio Tinto” mi hanno chiesto se potevano presentare informazioni non coperte da segretezza ufficiale. Di questo si è parlato in un raduno organizzato dalla “SANU”, a cui hanno partecipato i più eminenti esperti…Quindi, ci sono stati tali incontri, ma i media a frequenza nazionale, il servizio pubblico, non ne hanno parlato, non hanno inviato telecamere, non hanno condotto dibattiti su “RTS” considerandola una cosa seria per il Paese”, dice Jovanović.
Il giudice in pensione della Corte costituzionale Mirjana Rasic sottolinea che non si può affermare con certezza che il ritiro della legge cambierà i piani di “Rio Tinto” perché non si sa esattamente chi e cosa sia stato firmato con quella società.
“Questa legge è contraria all’ordinamento giuridico democratico. Non è solo importante che siano state date scadenze brevi per la decisione finale sull’esproprio, una cosa così ovvia che il Presidente non ha nemmeno dovuto farvi riferimento. Sono particolarmente preoccupata per questa espansione verso l’interesse pubblico. Questa è la cosa peggiore. È stata proclamata dal governo, e si tratta di alcuni accordi internazionali per i quali non sappiamo chi siano gli utenti, e il proprietario dell’immobile non ha diritto di partecipare alla procedura di determinazione dell’interesse pubblico . E quando l’espropriazione inizia determinandone l’interesse pubblico, il proprietario non ha nulla da determinare, non ha diritto di pretendere che l’interesse pubblico sia stato violato. E’ messo di fronte a un atto finale”, dice Rasic e sottolinea che una tale tendenza è iniziata con il progetto “Beograd na vodi”, mentre prima, secondo le leggi degli anni ’90, non c’era la possibilità di evidenziare gli investimenti privati, per quanto significativi, come di interesse pubblico. La cosa poteva essere negoziata, acquistata, ma non espropriata, perché non era di interesse pubblico ma di interesse dell’azienda”, conclude la Rasic.
https://www.danas.rs/vesti/ekonomija/eksproprijacija-ni-na-nebu-ni-na-zemlji/
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